Dopo l’elogio del New York Times all’Italia e al governo per come ha gestito l’emergenza coronavirus, il politologo Luca Ricolfi interviene rovesciando la prospettiva. Si può essere soddisfatti dei 58 morti ogni 100 mila abitanti (non tenendo conto dei decessi non registrati) contro i 46 degli Stati Uniti? In Europa solo Belgio, Regno Unito e Spagna hanno registrato più morti per abitante dell’Italia. La Germania ne ha avuti meno di un quinto dell’Italia e non ha vissuto le scene apocalittiche che abbiamo visto nel nostro Paese. Inoltre, Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, che sono i Paesi con cui confiniamo, hanno avuto meno morti per abitante. «Dove sta il primato del modello italiano? Qual è la lezione che dovremmo impartire ad altri Paesi?», si chiede allora Luca Ricolfi sulle colonne de Il Messaggero. Quel che viene mostrato dai media allora serve a raccontare le vicende «non per farle conoscere, ma per usarle a fini di politica interna». Ma Ricolfi contesta anche il New York Times quando spiega che l’azione del Governo italiano «è stata guidata da comitati scientifici e tecnici».
RICOLFI VS CONTE “GESTIONE CRISI DISDICEVOLE”
Dalla pubblicazione dei verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) è emerso però che era stato suggerito al governo di chiudere Nembro e Alzano Lombardo, ma il premier Giuseppe Conte ha invece ha ignorato quel consiglio. Ma, spiega il politologo Luca Ricolfi, «l’intera strategia del governo fu adottata in contrasto con il Comitato tecnico-scientifico». E quindi si chiede se, anziché agire in “scienza e coscienza”, il premier non abbia fatto invece di testa propria contro l’opinione della scienza. E quindi sulle colonne de Il Messaggero attacca Conte spiegando che se «avesse ascoltato il Comitato tecnico-scientifico, il lockdown dell’11 marzo avrebbe riguardato solo una porzione del Nord, e il Sud ne sarebbe stato risparmiato, con grande sollievo delle sue attività economiche». Col senno di poi è sicuramente più facile parlare, e lo stesso Ricolfi lo evidenzia. Ma una cosa per lui è certa: «Quel che però possiamo ricavare da questa vicenda è la conferma che, in materia di trasparenza e di informazione, la conduzione di questa crisi è stata disdicevole, e non casuale».
RICOLFI VS CONTE “PER PIENI POTERI NASCOSTI DATI”
Dall’analisi dei verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) pubblicati si capisce il motivo per il quale non erano stati condivisi prima. «Il muro di opacità eretto contro giornalisti e studiosi aveva una funzione precisa: nascondere che le scelte del governo erano in contrasto con le opinioni degli esperti, e lasciare al governo le mani completamente libere». Se i consigli del Cts fossero stati resi pubblici, alcune scelte del governo sarebbero apparse incomprensibili o comunque discutibili. E quindi, spiega Luca Ricolfi su Il Messaggero, «il premier non avrebbe avuto carta bianca su tutto. E forse il Parlamento non gli avrebbe così facilmente conferito i pieni poteri». Ma il politologo fa anche autocritica. «A quanto pare, il Comitato tecnico-scientifico aveva scelto di dissentire in silenzio, non so se per senso dello Stato o per timore della Politica». Quindi, per Ricolfi gli esperti si sono rivelati più indipendenti di quanto pensava lui stesso. Quindi, conclude con una domanda: «Può un Paese democratico, conferire (e iterare) i pieni poteri a un premier che, per avere le mani libere, è costretto a nascondere i dati e secretare le opinioni degli esperti?».