Un’avventura terribile, per certi versi incredibile, quella vissuta dal giovane architetto di Padova, Luca Tacchetto, rapito in Burkina Faso a dicembre di due anni fa, e liberato solamente lo scorso marzo. A raccontarla è stato lo stesso 31enne, attraverso un resoconto per il settimanale Oggi. “Da quel momento ho pensato solo a scappare – una parte del memoriale di Tacchetto, riguardante le ore subito dopo il ricongiungimento con la compagna – ascoltavo le conversazioni delle nostre guardie, cercavo di capire il senso delle loro conversazioni in arabo e mi ero fatto un’idea della nostra posizione”. Ad un certo punto i due, approfittando di un momento di distrazione dei carcerati, sono riusciti a fuggire, ma la fuga non è stata affatto facile visto che Edith Blais iniziava ad accusare i segni della prigionia: “Non vede bene – ricorda ancora quegli attimi terribili l’architetto di Padova – da mesi non aveva più gli occhiali e avanzava aggrappata a me, inciampando dappertutto, cadendo, rialzandosi e riprendendo ogni volta la marcia”. Ad un certo punto i due si sono fermati ai margini di una strada, ad attendere l’arrivo di qualcuno, e quando le speranze sembravano ormai svanire, è arrivato un camion, un “catorcio arrugginito” lo descrive Tacchetto “ma ispirava grande fiducia”. Luca si è alzato, si è buttato in mezzo alla strada, fermando il camion: finalmente erano di nuovo liberi. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



LUCA TACCHETTO, DAL SEQUESTO ALLA FUGA: “ME LA SONO FATTA SOTTO”

Luca Tacchetto era stato rapito in Burkina Faso assieme alla sua fidanzata Edith Blias. Era il 17 dicembre del 2018, e di loro si persero le tracce fino a un mese fa, il 12 marzo, quando i due vennero liberati dopo una prigionia durata 15 mesi. Rientrato in Italia è stato costretto a mettersi in quarantena vista l’emergenza coronavirus, e per passare il tempo ha deciso di scrivere un memoriale, una sorta di diario d’avventura in cui ha spiegato come è stata la sua prigionia, e come è riuscito a scappare assieme alla sua Edith: «Sono diventato anch’io un uomo del deserto – si legge in una passaggio del suo diario pubblicato su Oggi – ho imparato a leggere le stelle e sono riuscito a liberarmi seguendo la luce di Venere». L’architetto padovano si trova attualmente in isolamento forzato nell’abitazione dei suoi genitori a Vigonza, in provincia di Padova, e attraverso il settimanale di cui sopra ha raccontato il suo incredibile viaggio partito dall’Italia, passato per la Francia, la Spagna, lo stretto di Gibilterra, quindi il Marocco, il Sahara Occidentale, la Mauritania, il Mali e infine il Burkina Faso.



LUCA TACCHETTO: “QUANDO EDITH E’ TORNATA MI SCOPPIO’ IL CUORE DI GIOIA”

Un mega “tour” deciso tempo prima nel dettaglio per aiutare un amico che si trovava in un villaggio del Togo. Luca ricorda così i suoi sequestratori, e la terribile paura delle prime ore dopo essere finito in mano ai delinquenti: «Ne ho contati sei. Il turbante copriva i loro volti e lasciava scoperti solo gli occhi. Ognuno di loro imbracciava un Kalashnikov. Mi sono sentito gelare… Edith e io ci siamo guardati e abbiamo pensato la stessa cosa. Ci piantano una pallottola in testa, fanno un video e addio. La prima notte me la sono proprio fatta sotto». Quindi la lunga prigionia nel deserto, lontano dalla civiltà: «Mi hanno tenuto in catene giorno e notte. Sono andato avanti così per mesi, poi per buona condotta, mi hanno incatenato solo di notte. Ero rassegnato». Il ricongiungimento con Edith (i due prima erano stati separati), fu nuova linfa vitale: «Mi scoppiava il cuore di gioia. Eravamo stremati.Ma in quel vuoto assoluto, il solo fatto di vederci vivi e di essere nuovamente insieme ha liberato energie che non sapevamo più di avere. Con l’arrivo di Edith, mi hanno tolto le catene anche di notte. Avevo l’unico obbligo di consegnare acqua e sandali prima di andare a dormire. Ma chi dormiva? Da quel momento abbiamo pensato solo a scappare».

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