Ex Ilva, indagata per associazione a delinquere Lucia Morselli, ex amministratore delegato del gruppo Acciaierie d’Italia. Insieme a lei anche altre 8 persone tra manager e dipendenti tra i quali alcuni che risultavano ancora in servizio e sono stati attualmente sospesi. L’inchiesta della procura di Taranto andava avanti da tempo e già lo scorso anno aveva portato alla luce altre ipotesi di reato commessi nell’ambito della vecchia gestione. Come la truffa allo stato per aver sfruttato le quote gratuite di Co2 per la produzione dell’acciaio in misura superiore a quelle spettanti, con false dichiarazioni sulle emissioni che avrebbero generato una perdita di soldi pubblici per circa mezzo miliardo di euro.



A questo si aggiunge quanto emerso dalle ultime indagini con nuove accuse, tra le quali anche il disastro ambientale e l’inquinamento per aver immesso nell’aria sostanze altamente inquinanti, peggiorandone la qualità, a causa di una scarsa manutenzione sugli impianti. L’inchiesta della Procura sulla Co2 era stata fatta anche attraverso intercettazioni da parte della Guardia di Finanza, che confermerebbero la colpevolezza di Lucia Morselli proprio grazie ad alcune conversazioni registrate nelle quali l’ex ad ammetteva: “I dati sono finti, manipolati per poter ottenere più quote Co2“.



Lucia Morselli, manager ex Ilva indagata per truffa allo stato, coinvolte anche altre 8 persone per reati ambientali

Lucia Morselli, ex manager di Acciaierie d’Italia, Ex Ilva di Taranto è ora accusata, insieme ad altri membri dei vertici aziendali della precedente gestione di reati ambientali, truffa allo stato e associazione a delinquere. Gli altri nomi coinvolti nelle nell’inchiesta ed attualmente indagati sono: i direttori delle aree qualità e ambiente Adolfo Bruno e Alessandro Labile ed il direttore dello stabilimento di Taranto Vincenzo Dimastromatteo. Insieme a loro altri dipendenti che erano ancora in carica perchè subentrati dopo il commissariamento straordinario dell’amministrazione deciso dal Governo a febbraio.



In particolare sarebbero questi ultimi i principali responsabili della mancata manutenzione sulle tubature e sugli impianti di filtrazione aria, che ha permesso così la fuoriuscita di sostanze pericolose e di gas inquinanti. Come ad esempio il benzene, inquinante cancerogeno e teratogeno al quale sarebbero stati esposti i lavoratori inconsapevolmente. L’aumento delle concentrazioni di benzene nell’aria era stato infatti rilevato anche dalle centraline dell’Arpa Puglie e segnalato alle autorità sanitarie, come sostiene ora l’inchiesta “Ha contribuito ad una compromissione ed un deterioramento significativo dell’aria della città di Taranto“.