A poco più di un anno dalla prima richiesta, il pubblico ministero di Verona Stefano Aresu ha chiesto per la seconda volta l’archiviazione del caso relativo alla morte della 36enne Lucia Raso che vedeva come unico indagato il fidanzato 33enne Christian Treo, l’unica persona ad essere con lei nel momento del tagico decesso: ancora una volta secondo il Pm non ci sarebbe alcun elemento per ritenere – anche solo vagamente o parzialmente – colpevole il 33enne; ma ora spetterà al Giudice per l’udienza preliminare decidere se accogliere la richiesta del Pm, oppure chiedere per la terza volta ulteriori indagini.



Tornando indietro nel tempo fino al 24 novembre del 2020, Lucia Raso morì mentre si trovava in un appartamento a Landshut – nella Baviera tedesca – in cui si trovava con Treo, cadendo dalla finestra situata al primo piano: un impatto violentissimo e che – nonostante i tempestivi allarmi – non ha lasciato alcuno scampo alla ragazza, deceduta sul colpo lasciando dietro di sé (come spesso accade in questi casi) non pochi dubbi sull’eventuale responsabilità che l’unica persona presente in stanza con lei.



Perché il Pm ha chiesto l’archiviazione per Lucia Raso: “Nessun elemento per indagare Christian Treo”

Già lo scorso anno il Pm aveva richiesto alla Corte veronese l’archiviazione del caso Lucia Raso, chiedendo che si indagasse più approfonditamente sulle impronte trovate all’interno dell’abitazione e che si risentissero alcuni dei pochi testimoni chiave dell’accaduto: da un lato il fratello del 33enne e dall’altro il coinquilino Alessandro Curia che – nel frattempo – pare essersi reso completamente irreperibile; così come il fratello di Treo avrebbe riconfermato quanto già detto la prima volta e le impronte analizzate avrebbero condotto ad un altro soggetto che nulla avrebbe a che fare con la morte di Lucia Raso.



A fronte di tutti questi elementi, aggiungendo anche dall’analisi dei telefoni di Lucia Raso e dello stesso indiziato non è emersa alcuna prova che faccia pensare a conflitti, litigi o un rapporto malsano e deteriorato; secondo il Pm “gli elementi raccolti depongono per l’infondatezza della notizia di reato” nei confronti del 33enne che ha comunque accettato di sottoporsi ad un nuovo interrogatorio avvalendosi della facoltà di non rispondere per evitare di “rievocati i fatti” inficiando sul suo “percorso riabilitativo”.