Aveva lasciato l’azienda dal 2012 per occuparsi dei suoi progetti personali, eppure Luciano Benetton, quando è avvenuta la tragedia del Ponte Morandi, ha sentito il peso di una certa «responsabilità». Ora prevale, invece, un senso di amarezza, perché dà l’addio definitivo alla sua creatura nel giorno del suo compleanno. «Mi sono fidato e ho sbagliato», confessa al Corriere della Sera. Luciano Benetton ritiene di essere stato «tradito». La svolta decisiva è arrivata nei mesi scorsi, quando si è reso conto che le cose non andavano come dicevano i vertici manageriali. Le accuse lanciate sono pesanti, ma a tal proposito ricorda che a rischiare è in primis la famiglia, oltre alle possibili conseguenze per chi lavora nell’azienda. Oltre a tirare un sospiro di sollievo ripensando alla decisione di ritirare la Benetton dalla Borsa, ritiene che debba spiegare chiaramente cos’è successo per spingerlo a lasciare l’azienda che ha creato, a lasciare tutto.
Nell’intervista segnala che nel 2012 era andato via con un’azienda che aveva 2 miliardi di fatturato ed era sana. Nel 2018 è rientrato su richiesta del fratello Gilberto, con la società in perdita. Quindi, si è occupato di affrontare i problemi più urgenti, un anno dopo, stando alla sua ricostruzione, gli sarebbe stato consigliato di candidarsi per il ruolo di amministratore delegato. Se fosse stato più giovane si sarebbe impegnato personalmente, ma invece ha deciso di affidarsi a un manager, nonostante una persona a lui vicina gli avesse consigliato di non sceglierlo perché non idoneo all’incarico che gli sarebbe stato conferito. Anche alla luce delle rassicurazioni del suo consulente, Luciano Benetton decise di avviare la collaborazione. A quel punto, la squadra manageriale integrò una serie di persone con un background differente da quello necessario per la Benetton.
LUCIANO BENETTON E LA “BOMBA” CHE TRAVOLGE L’AZIENDA
Eppure, Luciano Benetton da presidente avrebbe potuto intervenire. Quando gli viene fatto notare ciò, spiega che nessuno gli chiedeva nulla né lo interpellava su temi sensibili, quindi riteneva che le decisioni prese dalla squadra manageriale fossero consapevoli. Di sicuro, ha pesato anche la pandemia Covid, in ogni caso la situazione sembrava sotto controllo, ma dieci mesi fa Luciano Benetton si sarebbe reso conto che i numeri non tornavano e «il problema va ben oltre a quanto hanno dichiarato a settembre». A ciò si aggiungono le crescenti segnalazioni di scontento sull’atteggiamento dei nuovi dirigenti, ritenuti poco capaci e molto arroganti. Luciano Benetton, nell’intervista al Corriere, assicura di aver portato tutto ciò all’attenzione del Cda, ma la “bomba” è scoppiata quando ha fatto presente che i conti non tornavano.
«Presentano d’improvviso un buco di bilancio drammatico, uno shock che ci lascia senza fiato». Un buco di circa 100 milioni di euro. Una «vergogna» per Luciano Benetton, secondo cui le opzioni sono due: o c’è una vera e propria inadeguatezza manageriale alla base di questi problemi o la verità è stata volontariamente tenuta nascosta. Lo chiarirà «un’investigazione» prevista. Se c’è qualcosa che Luciano Benetton sente di doversi rimproverare, è la fiducia che ha riposto nelle persone sbagliate. D’altra parte, pur assumendosi le responsabilità dei suoi gravi errori di valutazione, ritiene che «una cosa del genere, a questo livello di gravità e sorpresa, è comunque impossibile prevenirla». Ora l’azienda deve guardare avanti, con un piano per il futuro e «sacrifici» all’orizzonte.