Luciano Leggio (‘Liggio’ dall’errore di trascrizione di un brigadiere) è uno dei personaggi chiave del Maxiprocesso alla mafia. Liggio viene presentato come un personaggio controverso da parte di tutti quelli che l’hanno semplicemente ’visto’, non già ‘conosciuto’. La giurata Francesca Vitale, per esempio, lo descrive così in un’intervista di oggi a Famiglia Cristiana: “Indossava una tuta azzurra da meccanico. Stava con le braccia aperte, le gambe divaricate, la faccia appiccicata alle sbarre, gli occhi sbarrati e un ghigno che non lo lasciava mai”. Quel suo modo di fare lo faceva spaventosamente somigliare a un gorilla. “Fu un flash spaventoso”, dice la Vitale, che nel docufilm presta le parole a Donatella Finocchiaro. Le sue impressioni trovano spazio anche qui, grazie al personaggio di Caterina Parisi, una donna comune tanto quanto lei che d’improvviso si è ritrovata faccia a faccia con una realtà più grande di lei. (agg. di Rossella Pastore)
Chi è Luciano Leggio
Luciano Leggio detto Liggio è tra i protagonisti della fiction “Io, una Giudice Popolare al Maxiprocesso” in onda da giovedì 3 dicembre 2020 in prima serata su Rai1. La serie racconta gli eventi realmente accaduti del lungo dibattimento giudiziario a carico di numerosi capimafia tra cui c’è anche il boss mafioso sanguinario corleoneonese. Nato a Corleone da una famiglia contadina, giovanissimo entra nella cosca mafiosa dello zio Luca Leggio. La prima denuncia arriva per porto d’armi abusivo, ma poco dopo arriva il primo arresto per Luciano Liggio che viene colto in flagranza di reato per il furto di covoni di grano. Liggio viene condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione, ma la sua pena fu poi del tutto condonata. Il boss mafioso si è fatto conoscere con diversi soprannomi: il più noto è Liggio nato a causa di un errore di trascrizione del suo cognome da parte di un brigadiere. In realtà negli ambienti di Cosa Nostra Luciano era conosciuto anche come la Primula rossa di Corleone, la città che gli ha dato i natali. Il suo carattere fumantino gli fa conquistare il soprannome di Cocciu ‘e tacca, ovvero chicco di fuoco.
Luciano Leggio detto Liggio e l’omicidio Navarra
Dopo la prima denuncia e il primo arresto per aver bruciato alcuni covoni di grano in campagna, Luciano Leggio Liggio viene accusato anche della morte di Calogero Comaianni, la guardia campestre che l’ha arrestato per la prima volte. In quel caso però Liggio non viene condannato. Considerato uno dei più grandi boss di Corleone, Liggio fin da giovane non nasconde di essere interessato a diventare uno dei numeri uno di Cos Nostra al punto di organizzare l’omicidio del boss Michele Navarra. Grazie all’aiuto di sette sicari, Liggio dopo essersi liberato di Navarra viene consacrato boss di Corleone solo nel ’63 dopo la strage del bastione San Rocco. In passato Leggio aveva dichiarato in una vecchia intervista rilasciato a Enzo Biagi: “conoscevo Navarra, non era il medico della nostra famiglia e sui morti bisogna stendere un velo misericordioso”. Non solo, Liggio dichiarò anche: “la persona onesta deve farsi i fatti suoi, poi se la Polizia crede di imputare me, all’anima di chi lo ha fatto, io non faccio i nomi, perchè io non sono tenuto a fare il poliziotto per nessun motivo al mondo” – precisando – “mi sono state attribuite tante cose. Questo dimostra che non sono così potente come si è voluto far credere”.