La trasformazione di Luciano Pavarotti è iniziata fin dalla sua nascita, da un padre fornaio. Nel corso degli anni, il tenore infatti è riuscito a lasciare una preziosa impronta nel mondo della musica lirica, diventando una star a livello mondiale. Un artista ma anche un uomo, come ha voluto sottolineare Ron Howard nel suo documentario. Il film Pavarotti andrà in onda nella prima serata di Rai 1 di oggi, venerdì 24 aprile 2020. Sarà un approccio intimo quello del regista americano, una raccolta di archivi di famiglia e materiale musicale live. “Vivere con un mito vuol dire annullare se stessi”, ha detto a Il Giornale la prima moglie di Pavarotti, Adua Veroni. Una serie di sacrifici che comportavano anche il suo silenzio in determinati momenti. Come quando si ritrovava di fronte alle questioni artistiche dell’ex marito, al rapporto fra il cantante e la direzione teatrale. “Calato il sipario, tutti lodano l’artista anche quando le cose non sono andate poi così bene“, ha aggiunto, “invece la verità va detta”. Nessuno sa però che Pavarotti non era quel mostro sacro di sicurezza e forza che abbiamo visto tante volte sotto ai riflettori di tutto il globo. “Vado a morire”, diceva prima di esibirsi. Incerto sulla possibilità di prendere la nota, era sicuro che anche quell’imprevisto rappresentasse la bellezza del suo mestiere. “Il motivo per cui era grande?”, ha detto invece Bono Vox degli U2, “è che lui viveva ciò che cantava”.



Luciano Pavarotti, una fede incrollabile

Luciano Pavarotti ha mantenuto una fede incrollabile fino alla fine. Anche in seguito all’intervento subito per la rimozione di un cancro al pancreas, il tenorissimo ha continuato ad essere positivo, sorridente e umile. “Non mi ascolto più“, ha detto a Il Corriere della Sera, nella sua ultima intervista, “non mi voglio sentire. Se tu mi invitassi a cena e, per farmi piacere, mettessi su una mia vecchia incisione, ti pianterei in asso, dietro front. Se vuoi che resti, fammi sentire la voce di Placido [Domingo, ndr]“. Della sua vita non poteva che essere felice e anche della carriera, della fortuna ricevuta. La stessa di cui secondo Pavarotti aveva pagato lo scotto con la malattia. “Trovo alimento nella mia infanzia, che è stata povera e felice“, ha aggiunto, “e vedo le cose con serenità. Le malattie non mi hanno angosciato. Il tumore te lo senti dentro, ti lavora. Ora dormo bene. Ho una certa sonnolenza durante la digestione, proprio come adesso che ti sto parlando. Però sono e sarò ottimista fino alla morte. L’ho imparato dai miei, dal papà e dalla mamma che se ne sono andati quattro anni fa, a quattro mesi l’uno dall’altra”. Il ricordo della famiglia era evidente fin dal nome scelto per la sua villa Giulia. “È il nome di una delle mie nonne di Modena“, ha detto all’epoca. Nella sua carriera invece dei progetti sono rimasti incompiuti, come il duetto con Mina e continuare la sua lunga opera con Pavarotti and friends, unendo ancora una volta la lirica alla musica pop.

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