Lucio Battisti sarà questa sera protagonista su Rai 1 (a partire dalle ore 21.25) di “Una storia da cantare”, l’ultimo dei tre appuntamenti del sabato che il servizio pubblico ha deciso di dedicare ad altrettante indimenticate voci della canzone italiana: dopo le puntate monografiche dedicate a Fabrizio De André e a Lucio Dalla, tra amarcord e qualche polemica di troppo, questa sera il padrone di casa Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero ricorderanno col solito, nutrito parterre di ospiti la figura del cantautore laziale scomparso prematuramente a Milano nel 1998 ma ancora oggi molto chiacchierato, non solo per la sua eredità musicale ma pure per quella discografica e che è ancora oggetto di feroci dispute. Tra l’altro la decisione da parte della Rai di celebrarlo al pari degli altri due colleghi scomparsi casca a fagiolo dal momento che nel 2019 cade proprio il cinquantesimo anniversario dalla pubblicazione del primo disco di quello che è stato lo storico sodale di Mogol: infatti, quando all’epoca aveva ancora solo 26 anni, Battisti arrivò sul frizzante mercato discografico italiano col suo album omonimo, pubblicato proprio il 5 marzo, giorno del suo compleanno. E fu un successo, risultato il terzo album più venduto del 1969 nonostante lo scetticismo non solo di alcuni critici ma degli stessi discografici. Inoltre negli scorsi mesi, proprio in concomitanza con questa ricorrenza, era stata lanciata una petizione per chiedere che tutto il repertorio di Battisti fosse diffuso in streaming online, a beneficio delle nuove generazioni.



LUCIO BATTISTI SBARCA SU SPOTIFY MA…

E proprio a proposito della suddetta petizione, una delle novità autunnali intorno alla quasi mitologica figura di Lucio Battisti è stata finalmente l’approdo della sua intera discografica sulla piattaforma di streaming online di Spotify, una delle più utilizzate dai giovani e che ha rappresentato in un certo senso una piccola svolta, vista la battaglia legale che si sta combattendo su quello che è stato definito il vero e proprio tesoro musicale dell’artista originario di Poggio Bustone (Rieti). Infatti non era così scontato l’approdo di molte sue canzoni su Spotify e invece dallo scorso 29 settembre parte della sua discografia è stata proposta in formato digitale (contrariamente, pare, a quelle che erano le sue ultime volontà e di cui oggi la vedova Grazia Letizia Veronese si fa custode) ma c’è stata qualche polemica sui numeri. Infatti dopo che il Tribunale di Milano aveva dato il via libera alla diffusione sul web di almeno 12 album firmati da Battisti e Mogol, secondo alcuni si sarebbe trattato di un mezzo flop nel senso che i dati di ascolto non erano malvagi ma poca cosa rispetto ai big della musica nostrana che dominano le charts, con pochi dei suoi principali brani che hanno superato il milione di stream. Secondo altri, invece, si è trattato di un successo, approvando lo sbarco su Spotify dopo la fine del lunghissimo contenzioso tra la Sony e la società Acqua Azzurra. Chi ha ragione? Quello che è certo è che finalmente non esiste più quel vulnus online riguardo l’opera di uno degli innovatori più geniali della musica italiana.



L’ULTIMA PUNTATA DELLA QUERELLE SULLA SUA EREDITA’ ARTISTICA

In merito alla lunghissima battaglia legale di cui sopra attorno all’eredità artistica di Lucio Battisti, e che rappresenta uno degli aspetti più dolorosi attorno alla figura del cantautore a quasi 21 anni dalla sua scomparsa, si può dire che la disputa tra la sua famiglia e Mogol è ben lungi dall’essere terminata. Il suo repertorio infatti, come accennato, rappresenta un tesoro che è stato stimato in quasi 15 milioni di euro e capace ogni anno di generare introiti del valore di oltre 800mila. Come è noto la vedova Battisti, Grazia Letizia Veronese, ha da sempre negato l’utilizzo della musica del suo ex compagno, spiegando che sarebbe stata una delle ultime ed esplicite richieste di Lucio, (contrario alla diffusione della propria musica su altri supporti che non fossero quelli originari, ossia i dischi). Prima della decisione del competente Tribunale di Milano di consentire la diffusione dei suoi brani non solo su Spotify ma anche sulle altre piattaforme di streaming digitale (Apple Music, Google Music, Deezer, ecc.), infatti, Gaetano Presti, il liquidatore della società Edizioni Musicali Acqua Azzurra, nominato dai giudici, aveva comunicato alla SIAE l’estensione del mandato anche sugli incassi dei diritti derivanti dal web per i suddetti 12 album, diventati di pubblico dominio. La decisione ha posto fine, per ora, alla diatriba tra Mogol e la Veronese che nei confronti del primo ha perso la causa parlando di un ostracismo ingiustificato e riconoscendo al primo un maxi-risarcimento di oltre 2,6 milioni di euro. Ma la questione non è destinata a chiudersi qui…

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