Lucio Corsi ospite di Daria Bignardi durante l’Assedio in onda su Nove. La prima stagione dello show si è chiusa con un artista di 26 anni che si chiede: “Cosa faremo da grandi?”. Voce e piano esordisce con il suo pezzo che anticipa il nuovo disco che uscirà il 17 gennaio del 2020. “Va bene non trovare la risposta… questa canzone parla di grandi imprese mandate in fumo. Si può essere felici anche ripartendo più volte in vari modi nella vita”, racconta. Nel precedente disco si parlava di animali e natura: “Era un concept album ambientato nella mia terra, la Maremma. Ogni traccia parlava di un animale e dei superpoteri perduti al giorno d’oggi. Un tempo c’era più spazio per gli animali, le città non si erano allargate con i loro tentacoli e c’era più spazio per loro ed il loro lato magico. La copertina è stata disegnata da mia madre. Mia nonna ha un ristorante… tra Castiglione e Grosseto, dal 1959, mia mamma lavora lì e dipinge nel tempo libero. Sono figlio unico ma ho tre cani”.



Lucio Corsi, ecco chi è il cantante glam

“Cos’è la musica? – si domanda Lucio Corsi – la passione più grande e ciò che mi fa stare bene, voglio farla diventare un mestiere. Scrivendo canzoni io mi sono fatto ispirare da ciò che avevo intorno. Sono glam? Quella è un’altra passione. Da adolescente mi affezionai al glam rock degli anni ’70, quel lato lì mi ha sempre affascinato, sia musicale che estetico. Il primo concerto? Il 15 febbraio a Pisa”. Intervistato da Rolling Stone, ha parlato in maniera dettagliata della sua scelta di vestire in modo glam: “Lo trovo legato alle favole. Peccato che una certa figura di cantante sia sparita, come Renato Zero. Non potevi incontrare in giro uno così, era quasi una divinità, una apparizione che avviene solo sul palco. Creature mitologiche che si sono perse. La musica mi piace in tutti i suoi aspetti, dai vestiti alla copertina del disco, persino il font delle note a margine. Ora vanno degli artisti più normali, anzi, più ci puoi andare a mangiare la pizza insieme e meglio è. Ma io penso che sia necessario portare su di sé il pensiero del disco, delle canzoni, del proprio immaginario. Come diceva Paolo Conte “il musicista sul palco si mette di tutto punto perché avviene un incontro importante, tra lui e la canzone”.

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