Può la morte, nel suo dolore e nel suo senso di impotenza che ci comunica, essere una bella morte? Nel caso di Lucio Dalla, posto che la morte è un evento che toccherà tutti, si può dire di sì. Cosa infatti può desiderare un musicista se non fare il suo ultimo concerto e poi addormentarsi nel suo letto, sereno e appagato, pur non svegliandosi più? Lucio Dalla moriva dieci anni fa a Montreux, in Svizzera, dove si era esibito la sera prima. Avrebbe compiuto gli anni tre giorni dopo, come documenta la sua celeberrima canzone 4 marzo 1943.
Arrivò così al traguardo di una vita intensamente vissuta, piena di gioia e momenti unici, dedicata completamente alla cosa che amava di più e che lo aveva tratto da una infanzia difficile, la musica: il padre, rimasto persona misteriosa, forse un soldato americano che la madre, come dice la canzone, aveva conosciuto durante gli sconvolgimenti della Seconda guerra mondiale. “Lucio Dalla era una persona profondamente curiosa in modo positivo, curiosa del mistero della vita e con una curiosità positiva verso l’esperienza”. Così lo ricordava il poeta Davide Rondoni che con Dalla aveva condiviso una amicizia profonda e anche il lavoro, insieme tenevano dei corsi di poesia e scrittura canzoni all’Università Bologna, oltre ad aver fatto insieme alcuni recital. A proposito dell’uomo Lucio Dalla, su cui si è speculato a lungo, soprattutto dopo la morte, sulle sue preferenze sessuali, Rondoni diceva apertamente che “Lucio aveva una fede che definirei bambina e che non esprimeva a parole, ma se poteva non mancava mai alla messa della domenica. Ma era uno che non ha mai sbandierato questa sua fede così come peraltro non ha mai sbandierato la sua omosessualità. Non è mai stato una icona gay”.
Era infatti molto amico dei frati di Assisi, da crisi recava spesso, che condividevano con lui una discreta ma profonda amicizia. Parlammo con loro dopo la morte del musicista e ci dissero che “Noi frati di Assisi abbiamo colto in Lucio Dalla una grande attenzione spirituale che si esprimeva nella musica e nella ricerca silenziosa di Dio. Ad Assisi veniva per accordare questi due elementi”. Aggiungendo: “Gli artisti, come il fratello Lucio Dalla, riescono ad esprimere con la musica la grande tensione spirituale presente in ogni uomo. Penso al ‘Francesco’ di Alda Merini musicato da Dalla e alle canzoni Gesù Bambino, Se fossi un Angelo e Henna”.
Già, una persona unica Lucio Dalla, capace di interpretare i sentimenti degli ultimi, le storie di perdenti e di innamorati, con un approccio unico, segnato da una grande compassione. In questo senso forse, tra le tante, la sua canzone più bella è Anna e Marco, storia di due ragazzini di periferia, che sognano di fuggire dalla povertà e dal ghetto di quei quartieri anonimi con la luna unica testimone del loro amore e dei loro sogni:
Con tre salti sono fuori dal locale
Con un’aria da commedia americana
Sta finendo anche questa settimana
Ma l’America è lontana
Dall’altra parte della luna
Che li guarda e anche se ride
A vederla mette quasi paura