La pandemia ha ritardato nel 2020 la produzione di nuove serie tv. Più del 40% della produzione mondiale (circa 2.700 titoli ogni anno) è stato annullata o posticipata. Questo ha spinto molte piattaforme a rimettere mano ai cataloghi e riproporre produzioni che avevano avuto una minore diffusione. Una situazione tutto sommato positiva, perché ci consente di recuperare la visione di qualcosa che era andata persa per colpa della sovrabbondanza di offerta degli ultimi anni.
È il caso di Luck, una bella serie HBO ideata da David Milch che Sky ci sta riproponendo in questi giorni ma che è del 2011. Nonostante la presenza di due protagonisti di assoluta importanza come Dustin Hoffman (due Oscar e 6 Golden Globe) e Nick Nolte (Il principe delle maree, Affliction, Warrior), la serie non era mai arrivata in Italia. Poiché girata quasi integralmente in un ippodromo deve essere stata ritenuta troppo “americana”. Ma la serie invece è molto bella e merita la visione anche da parte di chi non coltiva un amore smisurato per gli equidi.
Infatti, i protagonisti principali di Luck sono soprattutto i cavalli che animano questo ippodromo situato nel vuoto del deserto intorno a Los Angeles, al centro di un’immensa pianura assolata. Le corse di cavalli fanno da sfondo ad alcune storia di malavita, di vendette covate da tempo, e di vite vissute sempre al limite. Chester Bernstein detto “Ace” (Hoffman) è un imprenditore dai modi sbrigativi, che ha appena scontato una pena di tre anni di carcere per una storia di droga di cui si è assunto la responsabilità, ma di cui non ha colpe. Ora, tornato in libertà, vuole farla pagare a tutti coloro che hanno contribuito alla sua condanna, a cominciare dai suoi vecchi soci.
Ma come dicevamo la storia principale è quella del rapporto tra gli uomini e i cavalli da corsa. Walter Smith (Nolte), ad esempio, è un allevatore che dedica tutto il suo tempo a un puledro, quasi fosse un figlio, essendo in effetti questi il discendente diretto di un cavallo che gli era stato ammazzato per intascarne l’assicurazione. Quattro scommettitori incalliti, Jerry, Marcus, Renzo e Lonnie, tentano la fortuna acquistando un cavallo mezzo zoppo. L’allevatore dai toni sbrigativi Turo Escalante (John Ortiz) è costretto ad allenare Pint of Plain, il cavallo acquistato da Ace.
C’è affetto, esperienza, competenza negli stretti corridoi dei box dell’ippodromo. Per non parlare del mondo dei fantini, dove la competizione per ottenere una corsa è spietata, costretti a nascondere i loro malanni e le loro idiosincrasie. Eppure i purosangue sono gestiti con passione. Se ne cura l’alimentazione, la preparazione atletica, il carattere e le attitudini alla gara.
Il mondo dei cavalli da corsa sembra essere al di fuori dalla realtà. Sempre in bilico tra l’illusione di poter procurare facili guadagni (una scommessa azzeccata o la scoperta di un campione) e la vita dura della scuderia, dove spesso l’esperienza dei mille mestieri di cui si alimenta il settore, sembra perdersi in una sorta di amore incondizionatamente verso il più bello e mite degli animali, che l’uomo è riuscito a far diventare parte essenziale della propria esistenza.
Una segnalazione infine per un giovanissimo Patrick J. Adams (che diventerà famoso nei panni di Mark Ross in Suits) assunto da Ace come esperto di derivati, per Richard Kind che interpreta Joey, uno dei quattro scommettitori, e per Gary Stevens, uno dei più famosi fantini statunitensi, che interpreta se stesso.
La serie era stata rinnovata, dopo il successo della prima, per una nuova stagione. Ma poi all’improvviso ne è stata annunciata la cancellazione, a causa – hanno dichiarato i produttori – della morte di tre cavalli durante le riprese.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI