Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia, ha raccontato la sua vicenda a “Oggi è un altro giorno”, trasmissione di Rai Uno. “Negli anni Trenta ero un ragazzino che preferiva giocare con le bambine, perché i maschietti mi davano proprio fastidio. Tutte le sere ci trovavamo nello stesso posto, ma capitava di finire in trappole nel periodo fascista, come botte e scherzi. Io fortunatamente ho beccato solo due ceffoni, ma al mio amico hanno tagliato tutti i capelli e hanno cosparso tutto il sedere di catrame bollente. Erano persone cattive e ignoranti, ci avvicinavano con furbizia fingendosi amici e poi facevano quello che volevano. All’epoca denunciare non si poteva, comandavano loro”.
Con i suoi genitori Lucy parlò del disagio vissuto quando rivelò ai suoi genitori di non essere a proprio agio nel corpo con cui era nata: “Mi sentivo diversa rispetto agli altri maschietti, non mi vedevo mascolino come loro. Lo dissi a mia madre, che non tollerava la mia presenza, così come i miei fratelli. Per loro ero la pecora nera della famiglia”. Poi, la tragica esperienza del campo di concentramento di Dachau, nel quale fu imprigionata come disertore: “Fu uno spettacolo spaventoso, vidi scene terribili dentro i reticolati con l’alta tensione. La carne faceva scintille. Conobbi la disperazione, la fame, il disprezzo. Non capivo più niente, ero proprio al limite. Fortunatamente sono arrivati gli americani”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)
Le vite di Lucy Salani
Lucy Salani, 97 anni, è la donna transessuale più anziana d’Italia e tra le pochissime sopravvissute al campo di concentramento di Dachau ancora in vita. La sua storia è raccontata nel docu-film “C’è un soffio di vita soltanto” di Daniele Coluccini e Matteo Botrugno, al cinema per tre giorni a partire dal 10 gennaio 2022. Nata nel 1924, come Luciano, a Fossano da una famiglia antifascista, di origine emiliana: “Mi sono sempre sentita femmina fin da piccola. Mia madre era disperata. Volevo sempre fare ciò che a quell’età facevano le bambine: cucinare, pulire e giocare con le bambole. Mio padre e i miei fratelli non mi accettarono”, ha raccontato all’Arcigay. Militare, disertore, prigioniero politico fino alla deportazione a Dachau: “Rimasi in quel campo sei mesi e il giorno in cui i tedeschi capirono che era finita ci ammucchiarono al centro del campo e iniziarono a sparare. Io fui ferita a una gamba e svenni, mi trovarono gli americani in mezzo ai cadaveri…”.
Il film su Lucy Salani
Lucy Salani ha vissuto molti anni a Torino: “A Torino ho vissuto dei momenti stupendi. Facevo il tappezziere. Andavo per locali. Stavo bene. Ero amata. Avevo amici. Mi sono divertita tanto a Torino…”, ha raccontato all’Arcigay. Nel 1982, a Londra, si è sottoposta un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale. Lucy non ha mai cambiato il nome all’anagrafe: “Il mio nome è prezioso. Me l’hanno dato i miei genitori, è sacro. Perché una donna non si può chiamare Luciano?”, ha spiegato nel film “C’è un soffio di vita soltanto”. I due registi Daniele Coluccini e Matteo Botrugno hanno seguito Lucy per un anno: “Abbiamo voluto realizzare un inno alla vita e un elogio della diversità in tutta la sua bellezza, convinti che possa essere di ispirazione ed incoraggiamento per quelle persone che lottano per l’affermazione delle proprie identità”, hanno scritto su Instagram