Non sembra vera, la dipartita di Gigi Amicone, così improvvisa da essere la primissima notizia del mattino del giorno 19 ottobre 2021. Ma non per dimenticanza e noncuranza del limite o del dolore che ci segna e ti ha segnato, ma per la vitalità della tua persona, la curiosità e l’azione sempre pronta, tanto da anticiparne, a volte, la necessità; tu sempre presente perché teso a cercare il punto, la notizia, dove il vero accadesse, nel suo varco umano, ancora informe, intravisto, eppure già solare da essere un suggerimento per tutti noi.



Desidero ricordare che la stessa febbre di vita che ti ha unito con l’esperienza di Comunione e Liberazione all’Università Cattolica di Milano ti ha fatto divenire, come un tutt’uno, “il primo animatore del Centro Culturale San Carlo/di Milano” quel luogo sorto dall’esigenza di amicizia e giudizio sul mondo dei primi anni ’80, del quale proprio quest’anno ricorrono i 40 anni.



La stessa storia di persone in cui mi sono imbattuto, giovanissimo; lo stesso accento sentito e visto nei corridoi di una università dapprima inospitale, dove ero approdato per cercare quel don Giussani. In quei giorni si faceva la “battaglia culturale”, cartelli, incontri, frasi. E ti ho conosciuto lì, per la prima volta, il primo contatto dal nulla dell’ambiente a una persona, portando il mio contributo bigliettino al “capo” con una frase di Eliot che diceva: “Essi cercano sempre d’evadere/ dal buio esterno e interiore/ sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono”



Sono i momenti dove, seguendo don Giussani, l’ideologia come modo di pensare e l’intellettualismo, anche cattolico, venivano lasciati alle spalle, in una “svolta” che hai vissuto, nella quale si entrava, esattamente come oggi, a capofitto, nella scoperta sempre più pazientemente svelata e paternamente indicata da Giussani, che dentro quell’umanità diversa, una vita più vita, non sono i caratteri a farla, ma il miracolo di una Presenza, quella di Cristo tra noi; per cui le utopie, le grandi e le piccole – quelle del quotidiano – ci fanno vergognare di noi stessi.

Non ci si è più lasciati, in mille occasioni, fino a toccare la tua con la vita dei miei figli, perché la compagnia guidata nella quale siamo non ci separa, anzi ci fa amare l’un l’altro per sempre. Se qualcuno poteva domandarsi se in Paradiso si ride o se Cristo sorrideva o rideva, pensandoti, diviene una certezza.

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