Caro papà,

Domani sono due anni che sei nel posto che eri certo di trovare.

Vorrei ricordare due cose di te che sono state fondamentali nella mia vita.

Una è quando nel 2012 è scoppiato il “caso Formigoni”. Mi ricordo di tutto il fumo che ne era uscito. Di tanti vicino e non, che avevano a un tratto cambiato idea su di lui come persona. E io mi chiedevo: “ma è questo il Cristianesimo?”. Non capivo. E sai bene quanto ci rimasi male. Quando però lèssi la tua lettera umanamente controcorrente feci un sospiro di sollievo: “Ok. Questo è il cristianesimo che ho incontrato”. Non sai quanto mi inorgoglì di essere tua figlia.



Come difendevi tu gli amici, nessuno mai. E come avevi ragione su Formigoni, hai avuto ragione su Tatarella. Mi sono commossa quando ho letto la notizia dell’assoluzione. Commossa ricordando quella cena dove l’avevi invitato a casa. Commossa da come tu gli eri amico. E lui tuo.

Il secondo più personale ma che letteralmente mi ha fatto scoprire chi eri tu, risale a otto anni prima.



Avevo 14 anni. Andai a una festa. Dove c’erano ragazzi della scuola ma anche più grandi. Per diverse ragioni mi ubriacai, tanto da finire in un cespuglio di rose. Una mia compagna di classe splendida e molto responsabile con cui dovevo tornare a casa, ti chiamò alle 3 di notte. Al momento le ne dissi “di ogni” soprattutto quando arrivò una mamma libertina a prendere sua figlia maledicendo tutti. Pensai: “Se una mamma libertina fa sta scena figurati mio papà cattolico? Ma soprattutto che scena farà per averlo svegliato”. Invece tu arrivasti tranquillo, ringraziasti i due amici che mi trattennero dal fare altre cazzate e mi accompagnasti alla macchina. Adesso sicuro mi farà la scenata in macchina, pensai. Invece mentre guidavi mi abbassasti il finestrino e mi dissi: “Glo voglio solo che tu sia libera. E lo puoi essere ovunque”. Punto.



Il lunedì dopo tutta la scuola sapeva sì della mia caduta nel cespuglio ma il vero idolo eri diventato tu per quel semplice grazie. Per quella gratitudine. Tanto da dirmi: “ma poi niente sceneggiate e punizioni?! Pazzesco”.

Servì poi la mano della mamma per capire cosa volessi dire. Qualche giorno dopo infatti le chiesi: “ma in fondo mamma cosa vuol dire essere liberi?”. “Ama, ama Glo. Sii te stessa e fa ciò che vuoi”. Punto.

E allora forse questo non ve lo dissi mai ma quella sera io fui libera perché capii cos’era l’amicizia. Come è possibile che un amico con la kefiah e un’amica gessina preferiscano passare la notte a darmi caffè e acqua e limone piuttosto che continuare a festeggiare?

Da lì tutta la mia giovinezza fu impastata di quella libertà a cui tu, la mamma e le persone che negli anni ho incontrato, mi avete educato. Scuola, feste, campagne elettorali, GS, caritativa. Tutto per una Grazia e una Gratitudine umana. Con anche sì a volte qualche vodka alla fragola di troppo. Ma fu fondamentale quella sera. Fu fondamentale capire chi eravate veramente tu e la mamma e in che bella storia ero stata capultata. E di questo vi ringrazierò per sempre.

Ora sì mi manchi ancora da morire. Mi manca il tuo sguardo e giudizio sulle cose, sulla politica, sui libri, sui film. Quanto mi manca guardare insieme a te Apocalypto. Un film che sì ti ricorda che gli spagnoli non erano poi così tanto cattivi ma anche che una religione senza il senso dell’essere, porta solo violenza. Tutto questo mi manca da morire soprattutto perché mi sono lasciata andare. E tu lo sai. Diciamo che come sempre aveva ragione il nostro Don Giorgio. “Il nulla non si sceglie – diceva il don – nel nulla ci si trova, ci si scivola per disimpegno con la vita”. E io purtroppo l’ho fatto. Per un dolore lacerante. Che quando sei andato via tu è diventato ancora più lacerante. Ma Don Giorgio diceva anche che solo quando raggiungi il vero niente, precisamente “la merda” puoi risalire. “Forte come la morte, è l’amore”. Con l’aiuto del Grande Capo rispondesti “sì” con una scossa sismica al matrimonio della Clara.

E allora ora papà ho capito, per un lavoro immane che mi consigliasti e che finalmente ho intrapreso, che devo lasciarti andare perché tu possa rimanere con me per sempre. Perché voglio che un giorno tu possa dire – come quando dall’ospedale dopo che ti avevano tolto mezzo polmone, -e a tutto potevi pensare tranne che a questo -, mi scrivesti “vedrai che tutto questo dolore, che tutti i bambini che hai incontrato, che il tuo desiderio di scrivere, un giorno serviranno e avranno un senso” – che anche con la tua piccola Glo, ormai mica più tanto piccola, avevi ragione tu.

“Solo amare, conoscere conta, non l’aver amato, non l’aver conosciuto”.

Semplicemente grazie.

Ciao mio unico anarcoresurrezionalista papà.