Mario Calabresi parla a Domenica in di suo padre Luigi Calabresi, con i pochi ricordi che ha di lui: “purtroppo quella mattina la ricordo benissimo – spiega l’ospite di Mara Venier – ho due ricordi, uno che ho tenuto per me per trent’anni, perché non avevo il coraggio di dirlo a mia madre, avevo paura che mi dicessero che non era vero, e siccome era l’unico ricordo che avevo di mio padre – io sulle sue spalle, con intorno una banda, io che volevo toccare il trombone e insistevo e mio padre mi portò a toccar e il trombone, e io ho questa situazione di sicurezza che mi sono portato dietro tutta la vita, avevo due anni e mezzo – ho aspettato 30 anni per dirlo a mia madre”. Un giorno decise infatti di condividere questo dolce ricordo: “L’ho detto a mia madre e lei mi disse: ‘il trombone!’; è andata a prendere il diario che teneva, era la domenica prima che morisse, ‘c’è scritto che siete andati a vedere gli Alpini, siete tornati a casa con le paste e le rose – e c’era una rosa in mezzo al diario – e tu continuavi a dire ‘ho toccato il trombone’. È come se tutto questo lo avessi congelato”. (Agg. di Fabiola Iuliano)



LUIGI CALABRESI, LE CONDANNE PER L’OMICIDIO

Il padre di Mario Calabresi è il commissario Luigi Calabresi, assassinato nel 1972, quando il figlio aveva solo due anni e la madre era incinta di suo fratello Paolo. Non è un caso se papa Giovanni Paolo II lo definì «un generoso servitore dello Stato, fedele testimone del Vangelo» in occasione del trentesimo anniversario della morte. La storia di Luigi Calabresi rientra nel periodo più buio della nostra storia repubblicana. Ingiustamente accusato di essere causa della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, fu sottoposto prima ad un duro linciaggio morale di una parte della stampa, poi dopo una violenta campagna denigratoria durata tre anni fu ucciso a colpi di pistola sparatigli alle spalle. Aveva solo 34 anni e lasciò la moglie e due figli. Ma la campagna denigratoria continuò anche dopo la morte, nonostante il magistrato Gerardo D’Ambrosio ne appurò la totale estraneità e la non colpevolezza rispetto alla morte di Pinelli. Per l’omicidio del padre di Mario Calabresi furono poi condannati Ovidio Bompressi e Leonardo Marino quali esecutori, mentre Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri furono ritenuti i mandanti. Ed erano tutti esponenti di Lotta Continua.



LUIGI CALABRESI, PADRE MARIO: POLIZIOTTO “TESTIMONE DEL VANGELO”

Ma di Luigi Calabresi è interessante conoscere anche un’altra dimensione, quella di uomo cristiano. Flavio Rozza in un articolo su La Nuova Bussola Quotidiana raccontò che era entrato nella Polizia di Stato su suggerimento del suo direttore spirituale, don Ennio Innocenti, il quale ritenne che avrebbe potuto vivere la sua testimonianza cristiana in quel settore. E infatti in uno scritto Luigi Calabresi scrisse in merito alla sua scelta professionale: «È una strada che ho scelto per vocazione. Avrei molti altri modi di guadagnarmi uno stipendio, ma sono affascinato dall’esperienza che può fare in polizia uno come me, che vuol vivere una vita profondamente, integralmente cristiana». Non era interessato ai riflettori: «Se volessi intascare e spendere medaglie come quella del successo e del potere, non andrei in polizia, dove si resta poveri. Non andrei coltivando ideali buffi di onestà e di purezza». Luigi Calabresi sosteneva di far parte di un gruppo di giovani che voleva andare controcorrente.

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