Luigi Casella, il padre di Cesare Casella, è morto a 83 anni a Pavia. L’uomo era divenuto celebre perché il figlio, ad appena 18 anni, nel 1988, fu sequestrato a scopo di estorsione. È lì che iniziò la sua battaglia, a fianco della moglie Angela Montagna. La famiglia diede ai rapitori un riscatto di un miliardo di lire, ma non servì a liberarlo. Fu rilasciato infatti soltanto a gennaio del 1990, dopo 743 giorni di prigionia. “Era un papà solitario, ma gli piaceva stare in compagnia. Certamente una persona particolare. Credo di avere superato quei due anni da sequestrato anche grazie al modo in cui mi ha educato”, così lo ricorda a Quotidiano Nazionale.
L’infanzia infatti non fu ricca di baci e abbracci, né complimenti. “Forse in quel caso non sarei tornato”, pensa Cesare Casella. Non sono mancati però gli insegnamenti. “Da lui ho imparato che la vita è soprattutto una lotta. Mi ha trasmesso il senso del dovere, il rispetto degli impegni, il darsi da fare”. Qualcosa però negli ultimi tempi era cambiato. “Si è ammorbidito, con l’età e la malattia. Ho scoperto e apprezzato il su lato affettuoso”.
Cesare Casella e il racconto del sequestro, la lotta del padre Luigi e della madre Angela
Il ricordo di quei due anni è ancora vivido nella mente di Cesare Casella, che non può che ringraziare suo padre Luigi e sua madre Angela Montagna, entrambi morti, per avere lottato fino alla fine per la sua liberazione. I due genitori scesero più volte da Pavia in Calabria per cercarlo. Alla fine riuscirono a trovarlo. “Una felicità immensa, una gioia indescrivibile. La festa durò due giorni”, ha raccontato. “Poi eravamo già impegnati a discutere. Mio padre mi disse che dovevo andare a lavorare, per fare l’Università mi sono dovuto imporre”.
Negli anni, poi, hanno parlato poco del sequestro, preferendo dimenticare. “Ogni tanto il ricordo saltava fuori negli ultimi tempi, anche perché c’era stato il lieto fine. Mio padre Luigi è morto nello stesso giorno in cui il più piccolo dei miei figli ha cominciato a camminare, la vita è cosi”, ha concluso Cesare Casella.