La pandemia, se non altro, ha permesso a tanti artisti di riprendere in mano la chitarra e tornare a comporre. Soprattutto quelli che, anche se con una lunga storia alle spalle, di dischi ne hanno incisi una manciata. E’ il caso di Luigi Grechi De Gregori, fratello del più noto Francesco (ma non meno bravo, tanto che ha scritto lui uno dei suoi maggiori successi, Il bandito e il campione) che si riaffaccia con Sinarra, scritto tutto attaccato, ma ovviamente inteso come “si narra”. Perché Luigi è un narratore in musica, uno storytelling da sempre, dai tempi del Folk Studio quando insegnava la canzone d’autore folk nordamericana a colleghi più giovani incluso il fratello.
«Ho cominciato quasi per scherzo insieme a Paolo Giovenchi e ci siamo ritrovati in mano con un disco che è senz’altro il migliore che io abbia mai fatto – racconta Luigi “Grechi” De Gregori – È quello, nel bene e nel male, che più mi rappresenta, col mio amore per la musica acustica e per gli arrangiamenti minimali ma con un suono moderno e convincente…». Il disco infatti contiene brani già pubblicati sul sito ufficiale dell’artista, adesso rivisti e risuonati con l’abile mano del bravissimo Giovenchi, chitarrista della live band del fratello. Insieme, hanno realizzato un disco dove le corde d’acciaio delle chitarre, quelle di nylon del violino, la cornamusa, il pianoforte si mischiano con sapienza e classe sopraffina.
Il breve disco, solo sette brani purtroppo, si dipana dall’iniziale ballata autobiografica dalla bella melodia Un tipo strano, in cui Luigi si racconta con lo humor che lo contraddistingue ma soprattutto sincerità: “A volte penso di essere romano, e altre poi mi sento milanese la gente dice sono un tipo strano uno straniero dentro il suo paese”. Fingerpicking delizioso e violino sostengono Si narra, un country folk impegnativo mentre di nuovo autobiografica è Barry, anche questa una ballata delle sue con splendido arpeggio di chitarra acustica e tocchi di pianoforte che danno sostanza al brano. Il pezzo risale agli anni 80 ma non ha perso un’oncia di freschezza, anzi: “Non so stare con gli altri non so stare da solo, il vostro buon senso mi fa un po’ di senso e non ha più molto senso per me”.
Il rock della crostata è un divertimento a passo di rockabilly, uno showcase per la fantastica chitarra elettrica di Giovenchi, con tanto di coro doo wop. Intensa e sofferente è Sangue e carbone, un valzer folk che rimanda al classico di Woody Guthrie, Deportees, che con l’ingresso di cornamusa e flauto irlandese si dipana nei mille colori del cielo d’Irlanda: “La “pasiun de le mina” così era chiamato nelle Prealpi l’oscuro fascino della miniera” spiega De Gregori. “Ora da noi le miniere di carbone sono chiuse, ma tanti hanno avuto un nonno o uno zio che ha scavato nelle viscere della terra in paesi lontani, ed è a questi che è dedicata la canzone”. Come sempre l’artista dedica spazio e memoria a quegli uomini che si sono spezzati la schiena per far grande questo paese, perché non ci dimentichiamo di loro.
Tango e mangos è un divertente pezzo un po’ atipico, percussioni in primo piano, fisarmonica sapori caraibici che ricorda certe cose di Paolo Conte. Il disco si conclude con la toccante Bastava un fiore, violino, mandolino e tanta nostalgia: “E alla luce dell’ultima candela scrivo parole che nessuno leggerà ma poso carta e penna e dopo un poco mi dico dentro me “chi mm’o fra fai? (…) e un giorno arriverà l’ora illegale con il mistero fuori dalle porte”. Il mistero che ci avvolge, in queste calde ballate come un fuoco che arde nell’inverno delle nostre esistenze, a scaldarci il cuore.
(Disponibile sulle abituali piattaforme digitali, il disco è anche in formato fisico esclusivamente su eBay, in edizione limitata, a questo link)
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