Freddato in un agguato sul portone di casa: così è morto Luigi Ilardo, il boss mafioso la cui storia viene ricostruita su Rai 1 da Cose Nostre, ai cui microfoni interviene la figlia per raccontare il percorso umano e familiare del padre. Dopo la scarcerazione, che risale a poco dopo la stagione delle stragi, e per due anni, Luigi Ilardo portò avanti una doppia vita: si era infiltrato in Cosa nostra per conto della Dia e del Ros dei carabinieri con l’obiettivo di aiutare lo Stato a catturare Bernando Provenzano.



Lo ha fatto fino al 10 maggio 1996, quando è stato ucciso dalla mafia davanti a casa sua, mentre la seconda moglie e i quattro figli lo aspettavano. Anche l’ex agente della Dia Mario Ravadà e Pasquale Pacifico, pm che ha condotto le indagini che hanno portato alla condanna dei mandanti e degli esecutori materiali dell’omicidio, contribuiscono al racconto su Luigi Ilardo, dal pentimento alla sua attività di infiltrato. Quello di Luigi Ilardo resta uno degli omicidi più misteriosi della storia di Cosa nostra.



LA CARRIERA CRIMINALE E DA INFILTRATO

Il “battesimo” di Luigi Ilardo in Cosa nostra risale al 1978, dopo la morte dello zio Francesco Madonia, boss di Caltanissetta. Nel 1993, dopo aver scontato dieci anni di carcere, chiuse col mondo della mafia, ma non definitivamente, perché cominciò a collaborare con lo Stato come infiltrato, una scelta coraggiosa presa con la consapevolezza di mettere a rischio la sua vita. Nel verbale in cui è riportata l’intenzione di Luigi Ilardo di collaborare, spiegò di averlo deciso dopo aver capito quanto avesse perso dalla lontananza con la sua famiglia e per essere un esempio per i giovani. Col nome in codice “Fonte Oriente“, l’ex boss aiutò ad assicurare alla giustizia diversi latitanti e a fermare alcune attività criminali.



Ad esempio, nel 1995 portò il Ros ad un passo dal covo di Bernardo Provenzano, leader di Cosa nostra che però non venne catturato. Ma Luigi Ilardo non si arrese e portò avanti quel percorso che sarebbe stato formalizzato con l’ingresso nel programma di protezione, un traguardo che però non raggiunse, visto che venne ucciso dopo una misteriosa “soffiata istituzionale“, come riporta la sentenza che condannò mandanti ed esecutori materiali dell’omicidio: Giuseppe Madonia, Vincenzo Santapaola, Maurizio Zuccaro e Orazio Benedetto Cocimano.

OMICIDIO DI STATO? L’AGGUATO CONTRO LUIGI ILARDO

Per la famiglia di Luigi Ilardo è stato un omicidio di Stato, perché l’uomo era pronto a fare delle rivelazioni importanti, diventando così una voce scomoda che, a detta della figlia, andava messa a tacere. Ad esempio, nel 1996 Ilardo confessò all’ex colonnello del Ros Mario Mori che molti attentati di Cosa nostra erano stati commissionati dallo Stato: lo ha raccontato l’ex colonnello dei carabinieri Michele Riccio, di cui era diventato confidente Ilardo, ucciso otto giorni dopo quell’incontro con Mori. Non ha dubbi Riccio riguardo il fatto che l’omicidio sia stato commissionato proprio dalle “istituzioni deviate“.

La sera del 10 maggio 1996, quasi vicino il garage dove parcheggiava solitamente, nella zona centrale di Catania, Luigi Ilardo scese dall’auto per aprire il bagagliaio, venendo sorpreso da due ragazzi in sella a una moto enduro, da dove spararono otto colpi. Una volante della polizia, accorsa sulla scena dell’agguato, inseguì la moto per qualche centinaio di metri, senza però riuscire a prendere i due ragazzi, mentre i soccorsi non riuscirono a evitare il decesso dell’uomo.