Poco dopo avere compiuto i suoi 80 anni, anch’io ho ricevuto da mons. Luigi Negri, già fortemente provato dalla malattia, il saluto che ha voluto inviare ai suoi amici. “Cari amici, il saluto che vi mando è pieno di affezione e di volontà di condividere la vostra esistenza. Vi sento vicino a me, forse in un modo nuovo, perché il tempo passa, ma non ci lascia. Il tempo passa, ma si ripropone ogni giorno di più come una cosa nuova, piena di senso e di significato”. Ecco, nella mia esperienza la parola che più esprime il mio legame a don Luigi e ha determinato sessant’anni di una stupenda avventura è proprio la parola amicizia. Un’amicizia mai scontata, un’amicizia anche ruvida, perché autentica e sempre appassionata e fedele, un’amicizia capace di confidarsi profondi giudizi.



Di lui si può dire che conferma quanto ha scritto sant’Agostino: “In ogni situazione umana nulla ci è amico senza una persona amica” (Ep. 130, 4). Regolarmente, e soprattutto nei momenti più difficili che insieme abbiamo affrontato, Luigi chiamava i suoi amici a condividere i giudizi sui fatti che accadevano. Non farò i nomi di queste persone che mi chiedeva di riunire, magari attorno ad una sobria cena, per parlare, confidarci e confortarci a vicenda. Alcuni di loro si identificheranno leggendo queste righe, altri don Luigi li ha ritrovati adesso nella dimora del Cielo dove ci hanno preceduto.



Come ha scritto ancora sant’Agostino, “L’amicizia non è vera se non sei tu a cementarla tra coloro che aderiscono a te, con la carità dello Spirito Santo, che hai effuso nei nostri cuori (Confess. 4, 4, 7). Anche Luigi, con la sua carica irruente, ha saputo cementare un’amicizia vera, mai banale ma sobria, essenziale, decisa, sincera, senza peli sulla lingua, sempre ancorata ad un’esperienza di fede vissuta e testimoniata. A volte era schivo, a volte esuberante, con giudizi taglienti, ma sempre disposto ad un confronto. Le sue prese di posizione erano impregnate di realismo e non lasciavano spazio ad ambigue interpretazioni; il confronto poteva essere duro, ma sempre costruttivo anche se richiedeva lavoro. La cosa fantastica è che il suo temperamento di uomo con i giusti attributi è sempre rimasto tale: lo era prima di essere prete, lo è rimasto da prete e ha continuato ad esserlo anche da vescovo.



Ancora una volta la sua vita da ragione a sant’Agostino quando scrive “Non è vescovo chi ama essere capo senza essere utile”. Infatti il vescovo Luigi non ha amato essere capo, ha amato Cristo, la Sua Chiesa e il popolo, offrendo sempre giudizi utili perché ricchi di ragioni e capaci di stimolare e guidare la crescita umana e cristiana. Con la sua testimonianza e passione ha contribuito alla crescita delle presenza del Movimento di Comunione e liberazione rimanendo fedele custode del carisma del suo fondatore. Amante di Cristo, in grande sintonia con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha sempre sostenuto che una fede che non diventa cultura è una fede senza radici e in questa prospettiva ha impegnato anche grandi energie per diffondere gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa e scrivere di teologia e di storia con grande forza apologetica. Per questa sua attenzione è diventato grande amico di numerose realtà editoriali e di centri culturali in tutta Italia. Anche a Monza il Centro culturale intitolato al beato Luigi Talamoni ha potuto godere della sua amicizia e testimonianza grazie a decine di incontri pubblici e per molti anni ha contribuito a conoscere ed amare il carisma di Luigi Talamoni, padre delle suore Misericordine, beatificato da Giovanni Paolo II.

Particolarmente toccante è stato l’incontro organizzato dal Centro culturale Talamoni nel decennale della morte di don Giussani, nel quale don Negri ha raccontato della bellezza della sua vocazione nata dall’incontro con don Giussani, al quale è stato legato per tutta la vita, e del suo straordinario rapporto con il cantautore Claudio Chieffo, che a lui ha dedicato una canzone che parla della loro amicizia. Anch’io alla sua generosità devo le mie prime vacanze estive trascorse con gli studenti di don Giussani.

Addolorato perché ci ha lasciato, sono grato al Signore che me lo ha dato come amico e ringrazio san Giovanni Paolo II che, in punto di morte e contraddicendo un potere clericale ostile, lo volle fermamente e autorevolmente come vescovo.

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