Luigi Tenco è il protagonista della sesta puntata di “Grazie dei Fiori Ribelli“, il programma condotto da Pino Strabioli e Gino Castaldo e dedicato al alcuni protagonisti ‘ribelli’ della musica italiana che hanno vissuto una vita e una carriera insolite, fuori dagli schemi. Tra questi non poteva non esserci il grandissimo Tenco, artista malinconico che con le sue canzoni ha segnato indubbiamente la storia della musica italiana. Una vita fuori dagli schemi quella di Luigi nato da una relazione clandestina e morto, forse suicida, nel 1976 nella sua camera di hotel di Sanremo dopo essere stato eliminato dal Festival della Canzone Italiana. Considerato uno dei cantautori più controversi e ribelli della musica italiana, Tenco ha scritto alcune delle canzoni più belle della nostra musica raccontando non solo l’amore, ma anche la società. “Mi sono innamorato di te, perchè non avevo niente da fare…” cantava in una delle sue ballad più struggenti considerata una vera e propria chicca nel variegato panorama musicale italiano. Tenco però ha cantato e raccontato non solo l’amore, ma anche temi di attualità come l’emigrazione nel brano “Ciao amore ciao” con cui ha partecipato al Festival di Sanremo del 1976 da cui è stato escluso poco prima della finale. Una esclusione forse tra le cause della sua morte, visto che poco dopo il cantautore viene ritrovato senza vita nella sua camera d’hotel. Non si contano le canzoni capolavoro: da “Vedrai vedrai” a “Lontano lontano”, Tenco è stato e continua ad essere ancora oggi uno dei più alti esempi di cantautore italiano.



Luigi Tenco, le canzoni e Sanremo

Una delle ultime interviste di Luigi Tenco risale a poco prima della sua morte a Sanremo in cui parla proprio della sua partecipazione alla kermesse: “non mi sono mosso, è stato il festival che mi ha voluto, magari non ci fossi venuto mai”. Non solo, il cantautore rispose anche per le rime a chi gli diceva di sorridere durante la sua performance sulle note di “Ciao amore ciao”: “non hanno capito niente e poi non debbono dirmelo di sorridere perché lo so da me che faccia debbo fare quando canto una canzone che tra l’altro è mia, cioè l’ho scritta e musicata io, viene dai miei sentimenti, non dai loro. Ma qui sono abituati così: tu sorridi, tu invece muoviti un po’, tu vestiti in quel modo, tu fatti crescere i capelli, tu scuoti l’anca. Poi la gente si crede che è tutto spontaneo”. Sempre ribelle e controcorrente, l’artista parlando della sua musica e dei tempi di allora disse: “ma perché non protestano contro la situazione della scuola in Italia, contro la questione del divorzio, contro la condizione dei figli dei separati? Queste sarebbero canzoni di protesta, e invece questi protestano contro i cannoni. Dicono, anzi cantano, che vogliono mettere i fiori nei cannoni. Grazie. E chi gli ha mai detto il contrario? Chi ha mai detto: no, io, nel mio cannone, ci metto i proiettili perché mi piace ammazzare la gente? Poi, lasciamo perdere, è proprio una buffonata: questi una cosa vogliono, i soldi, e siccome c’è l’industriale che può darglieli, mandano avanti la storia della protesta. Quelli di diciotto anni già protestano contro quelli di diciannove i quali protestarono l’anno scorso contro quelli che oggi ne hanno venti. È tutta una questione discografica”.

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