La rivista “Lancet Public Health” nel suo numero del 18 febbraio 2025 ha presentato un contributo, firmato da un gruppo molto numeroso di autori (ne ho contati, salvo errori, 620) tra cui diversi italiani, dal titolo “Changing life expectancy in european countries 1990-2021: a subanalysis of causes and risk factors from the global burden of disease study 2021”, nel quale viene esaminato l’andamento nel tempo della speranza di vita alla nascita di sedici nazioni europee, tra le quali anche l’Italia, attraverso i dati dello studio Global Burden of Disease del 2021.
Distinguendo la finestra temporale allo studio in tre periodi (1990-2011, 2011-2019, 2019-2021) gli autori ne ricavano la tesi che, poiché la speranza di vita alla nascita negli anni 1990-2011 è cresciuta ogni anno in media di 0,23 anni mentre nel periodo 2011-2019 l’aumento annuo medio è stato di 0,15 anni, negli anni più recenti la speranza di vita ha visto un aumento più lento rispetto agli anni precedenti.
Questo rallentamento nella crescita della lunghezza della vita ha interessato tutte le nazioni esaminate tranne la Norvegia (dove gli aumenti annui sono stati di 0,21 anni nel periodo 1990-2011 e di 0,23 anni nel periodo 2011-2019). Nel triennio 2019-2021, invece, nella maggioranza delle nazioni c’è stata una riduzione della speranza di vita, con una media europea di -0,18 anni per ogni anno: fanno eccezione Irlanda, Islanda, Svezia, Norvegia e Danimarca, dove la attesa di vita ha continuato ad avere degli aumenti, seppur marginali, e il Belgio che non ha mostrato variazioni.
In questo contesto l’Italia, che nel 1990 aveva l’attesa di vita più elevata (83,37 anni) tra le sedici nazioni esaminate, ha visto aumentare in media ogni anno questa attesa di vita di 0,24 anni nel periodo 1990-2011 e di 0,16 anni nel periodo 2011-2019, in linea quindi con la media europea, mentre nel periodo 2019-2021 l’attesa di vita nel nostro Paese è diminuita ogni anno di 0,36 anni (il doppio della media europea).
Queste notizie sono state riprese dalle agenzie di stampa del nostro paese (esempio: Ansa) e dai giornali quotidiani sia generalisti (esempio: “Avvenire”) che di settore (esempio: “Quotidiano Sanità”) con modi e toni diversi, ma quasi tutti con l’accento sulla preoccupazione non solo che la vita si starebbe allungando di meno che in passato (il che corrisponde alla tesi dell’articolo citato), ma addirittura che si sta accorciando (-0,36 anni per ogni anno del triennio 2019-2021).
Se da una parte si può capire che quest’ultima informazione fa notizia, dall’altra si deve però dire che si tratta di un’informazione numericamente ineccepibile, ma che deriva da una analisi che si è fermata nel momento centrale (2021) del periodo pandemico e che trova la sua unica ragione proprio nelle sole conseguenze della pandemia da Sars-CoV-2: basterebbe infatti proseguire nella serie temporale della attesa di vita negli anni successivi al 2021 per essere decisamente smentiti sul fatto che l’attesa di vita alla nascita in Italia sia in diminuzione.
Non abbiamo a disposizione i dati annuali sulla speranza di vita successiva al 2021 secondo la metodologia di calcolo dello studio Global burden of disease (Gbd), ma sono accessibili i dati sulla speranza di vita secondo i calcoli di Istat, calcoli che posizionavano il suo valore del 2019 a 83,16 anni (contro gli 83,37 del Gbd), quello del 2020 a 82,08, quello del 2021 a 82,50 (e quindi con una diminuzione media annuale nel periodo 2019-2021 di 0,33 anni quasi coincidente con i dati GBD), quello del 2022 a 82,64 e quello del 2023 a 83,03 e con una stima provvisoria per il 2024 di circa 84 anni.
Come i numeri dicono in modo chiaro, l’attesa di vita alla nascita ha avuto un crollo nel 2020 proprio come conseguenza del virus Sars-CoV-2, ma dal 2021 è ripresa a crescere, e lo sta facendo con una velocità (0,21 nel 2021; 0,19 nel 2022; 0,24 nel 2023; e 0,38 nel 2024 se si confermano i dati provvisori) che è superiore a quella del periodo 2011-2019 (0,16 anni) e si avvicina sostanzialmente a quella del periodo 1990-2011 (0,24 anni). Non è affatto vero, quindi, che la speranza di vita alla nascita sta diminuendo, ma, scontato il drammatico effetto della pandemia, si sta riportando sui valori di velocità di crescita del periodo pre-pandemico o addirittura superiori.
Dopo la presentazione dei risultati, l’articolo di “Lancet Public Health” si dedica all’esame dei possibili motivi che possono essere all’origine delle variazioni nella velocità di crescita dell’attesa di vita nelle nazioni europee esaminate e chiama in causa diversi fattori:
la riduzione nel tempo della mortalità per patologie del sistema cardiocircolatorio e per tumori (più forte tra il 1990 e il 2011, più debole nel periodo 2011-2019); la mortalità respiratoria del periodo pandemico; l’esposizione ai più importanti fattori di rischio per le patologie cardiovascolari (elevato indice di massa corporea, valori elevati di pressione sistolica e di colesterolo LDL, ecc.) e le differenti politiche adottate in proposito dalle diverse nazioni, in particolare al nord del continente; il funzionamento dei servizi sanitari; le politiche fiscali, e così via.
In particolare per l’Italia si dice: “L’attesa di vita in Italia è diminuita sostanzialmente nel 2019-2021 per le variazioni nella mortalità cardiovascolare e per tumori tra prima e dopo il 2019, avvenute per ragioni non note, ma probabilmente associate con la riduzione della spesa in salute pubblica e in prevenzione piuttosto che per una specifica politica”.
Anche questa osservazione è stata ovviamente ripresa dalla stampa nazionale calcando la mano sulla riduzione della spesa, ma anche questa osservazione non è sostanzialmente condivisibile (per non dire che è errata):
non solo perché l’articolo di “Lancet” non fornisce nessuna informazione per sostenere questa arbitraria tesi (ed è noto che proprio gli anni 2020 e 2021, rispetto ai precedenti, sono stati gli anni di massimo finanziamento del servizio sanitario specificamente per far fronte alle esigenze della pandemia), ma soprattutto perché da una parte non è vero (come si è sopra mostrato) che l’attesa di vita in Italia è in diminuzione (si sta solo scontando il crollo del 2020 per effetto del virus) e dall’altra perché un’affermazione del genere dovrebbe essere sostenuta da adeguate analisi che l’articolo di “Lancet” non ha fatto e tantomeno presentato.
Scontato l’effetto pandemico dell’anno 2020 che ha visto ridurre la attesa di vita alla nascita di oltre un anno, l’Italia continua ad avere una popolazione longeva (la più elevata tra le sedici nazioni europee esaminate), che dopo l’effetto temporaneo del virus ha ripreso ad allungare la durata della propria vita.
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