Mentre lungo l’intera giornata di ieri le principali piazze italiane a Milano, Roma e Bologna si riempivano di famiglie che chiedevano dopo un anno di Dad la riapertura delle scuole, in serata il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha in sostanza detto di comprendere il disagio ma di procedere ancora con cautela visto il contagio che «coinvolge anche gli stessi bambini». Di diverso avviso il presidente di Noi con l’Italia Maurizio Lupi che, dal interno del Governo Draghi, contesta la lentezza nel riprendere le lezioni in presenza almeno per asili, elementari e medie: «La scuola sarà la prima attività a riaprire, he detto il presidente del Consiglio Mario Draghi nella sua conferenza stampa. Lo hanno chiesto migliaia di famiglie ieri in molte piazze italiane», fa sapere l’ex Ministro in una nota.



Lupi cita poi il recente studio di un team di epidemiologi, medici, biologi e statistici – tra cui Sara Gandini dello Ieo di Milano – su 7,3 milioni di studenti, che dimostra quanto non vi sia legame tra diffusione dei contagi e scuola in presenza: «Ne è convinto il presidente del Consiglio lo conferma la scienza, inoltre tutti i dati dicono che la curva del contagio sta scendendo, allora che cosa aspettiamo?»



LO STUDIO SULLA SCUOLA CHE “BOCCIA” LA DAD

«Si riaprano subito le scuole, almeno asili, elementari e medie. Non facciamo pagare ai più piccoli e più deboli un costo superiore a quello che la pandemia ci ha già inflitto», conclude il leader di Noi con l’Italia nella nota odierna. Come ha spiegato la stessa professoressa ricercatrice al Corriere della Sera, lo studio dello IEO dimostra che – se è vero che il rischio zero non esiste – è altrettanto nodale riconoscere sulla base dei dati raccolti «la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio».



Gli studi analizzano i dati del Miur e li incrocia con quelli delle Ats e della Protezione civile fino a coprire un campione iniziale pari al 97% delle scuole italiane: ebbene, seguendo questi dati – conclude ancora Gandini sul Corriere – «l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre non può essere imputata all’apertura delle scuole: il tasso di positività dei ragazzi rispetto al numero di tamponi eseguito è inferiore all’1%. Di più: la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt. Ad esempio a Roma le scuole aprono 10 giorni prima di Napoli ma la curva si innalza 12 giorni dopo Napoli, e così per moltissime altre città». Contagi in classe rari se non rarissimi, disagio sociale e problema per le famiglie: la riapertura converrebbe a tutti e su questo il Governo discuterà già nei prossimi giorni, su impulso del Centrodestra che chiede con sempre maggior forza quantomeno una discussione in merito.