I lupi devono essere ancora considerati “specie protetta” oppure sono presenti sul territorio nostrano in termini numerici superiori a quelli stimati? Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), si superano i 3.330 esemplari (950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto dello Stivale), mentre per l’Enpa “i lupi in Italia “sono solo 3.400 e non c’è emergenza”. In questo quadro, gli eurodeputati lo scorso 24 novembre hanno adottato una risoluzione tesa a domandare la modifica dello status di “specie protetta“, così da preservare il bestiame e scongiurare i danni causati agli allevatori.
In base a quanto riferito dal portale Ruralpini, resistenza rurale, “contenere i lupi si può” e le Regioni hanno “il diritto/dovere di monitorare e controllare la fauna dannosa (ancorché iperprotetta), compresi il lupo e l’orso. Nei modi previsti dalle normative”. Non è tutto: l’articolo 19, comma 2, della Legge 157 del 1992 recita: “Le Regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia”.
LUPO: SPECIE DA PROTEGGERE O ESEMPLARI SOTTOSTIMATI?
Come scrive l’agenzia di stampa “AGI”, la sentenza della Corte costituzionale 215/2019 prevede che le Regioni a statuto speciale possano emanare leggi con oggetto specifico sul controllo dell’orso e del lupo, “ma non esclude che le regioni a statuto ordinario possano emanare provvedimenti in materia”. In più, “la Regione Lombardia, stante la gravità del problema del contenimento del cinghiale ha emanato la legge regionale 19/2017 con regolamento di gestione”.
Infine, ancora per Ruralpini, “le attribuzioni alle componenti ambientaliste delle amministrazioni regionali (e ai Parchi) non sarebbero altro che il frutto di discrezionalità politica, del grande attivismo delle lobby animal-ambientaliste cui fa riscontro la scarsa incisività delle organizzazioni agricole e la disorganizzazione delle categorie (pastori, allevatori di montagna, alpeggiatori) più direttamente colpite dalla reintroduzione dei grandi carnivori”.