Washington spinge per una guerra rapida in Israele e per una pausa, per la quale ci si può accordare qualora Hamas fosse d’accordo. A parlarne, a Stasera Italia, è Edward Luttwak, economista e politologo: “Durante l’ultima settimana c’è stata pressione di Washington su Israele sul fatto che l’amministrazione Biden volesse una guerra più rapida e con meno bombardamenti per arrivare a qualcosa. Il problema è che questo vuol dire più soldati morti”, spiega l’esperto. “Fare la guerra più velocemente e con meno potere aereo, vuol dire più morti. Le parti si capiscono benissimo tra di loro”.



C’è poi la questione della pausa umanitaria che può essere “per scambio di prigionieri o altro. Qui si tratta solo se anche dall’altra parte sono d’accordo, dunque Hamas deve essere d’accordo. Questa chiede la liberazione delle 6.000 persone che sono state processate in processi militari per avere commesso infrazioni specifiche. Dunque, sono in prigione perché hanno sparato, ucciso, distrutto. Quindi gli israeliani non vogliono dare questi prigionieri condannati individualmente”. Per Luttwak, in Israele gli arabi “sono ben rappresentati. Sono anche nella Corte Suprema. Non si può chiamare Apartheid questo”.



Luttwak: “Stati Uniti hanno sbagliato in Iran”

Non solo Israele e Palestina. Gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo fondamentale anche nei rapporti con l’Iran, dei quali parla sempre Luttwak sulle pagine de Il Giornale. “La Cia, esperta nell’aver sempre torto, si è sbagliata irrimediabilmente anche sul Medioriente: sono stati i suoi “esperti” non arabi e non persiani a far trapelare i documenti di intelligence che hanno accusato MbS, mentre il loro atteggiamento nei confronti di Israele è stato arabo-nazionalista fin dalla sua nascita”. Per quanto riguarda l’Iran, invece, non c’è alcuna presenza diplomatica statunitense a fornire una copertura ufficiale: dunque l’Agenzia non ha modo di “garantire che i suoi asset siano davvero chi dicono di essere, rendendo inaffidabili tutti i report degli agenti”.



L’unica soluzione possibile, secondo Luttwak, sarebbe quella di intercettare le esportazioni di petrolio dell’Iran in alto mare per verificare che non trasportino armi per rifornire le milizie iraniane ma non ci sarebbe alcuna possibilità di ottenere l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. “A prescindere dalle complicazioni, è meglio affamare la bestia che combatterla, scatenando un’altra guerra in un Paese vasto dove una facile vittoria sarebbe seguita da insurrezioni a non finire, anche se agli iraniani moderni piacerebbe vivere nell’Iran del dopo Ayatollah. Molto meglio inviare potenti forze nel Golfo Persino, ma solo per proteggere gli alleati degli Stati Uniti dalle rappresaglie iraniane” conclude Luttwak.