LE DIMISSIONI DI DI MAIO E LO SCONTRO CON CONTE
Tutti gli sforzi e i tentativi di mediare tra i due “litiganti” Luigi Di Maio e Giuseppe Conte sono finora stati fallimentari per Beppe Grillo: ieri, ad una settimana esatta dalla nomina di Sergio Mattarella nuovo Presidente della Repubblica, il Ministro degli Esteri ha annunciato le proprie dimissioni da componente del comitato di garanzia (ruolo che condivideva con Roberto Fico e Virginia Raggi dopo il voto degli iscritti M5s lo scorso 17 settembre 2021).
«Dopo la rielezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ho proposto di avviare una riflessione interna al Movimento», si legge nella lettera inviata da Luigi Di Maio al fondatore e garante del Movimento, Beppe Grillo, annunciando le dimissioni irrevocabili da Presidente del Comitato di Garanzia del partito. Lo scontro non tanto a distanza con Conte, il “blitz” con Renzi e Forza Italia per bloccare l’asse dell’ex Premier con Lega e FdI sul Quirinale è solo l’ultima delle forti distanze presenti al momento tra il Ministro e il suo stesso Presidente. Di Maio con questa mossa intende da un lato evitare il pericolo di una scissione, spiegando invece «Tutte le anime, anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee […] Io sarò tra le voci che sono pronte a sostenere il nuovo corso, mantenendo la libertà di alzare la mano e dire cosa non va bene e cosa andrebbe migliorato». Un Di Maio insomma con “mani libere” per le prossime decisive sfide politiche di un M5s sempre più dilaniato al suo interno: candidature Comunali, riforme Governo Draghi, pandemia, PNRR e soprattutto alleanze per le Elezioni Politiche del 2023. Nella risposta, come sempre un po’ criptica, affidata al suo blog, Beppe Grillo si rammarica per la situazione attuale chiedendo un rilancio tout court dell’intero Movimento nei prossimi mesi: «Dobbiamo passare dagli ardori giovanili alla maturità». L’entourage attorno a Di Maio fa poi sapere al “Corriere della Sera” che la scelta del Ministro degli Esteri sia tutt’altro che personale: «Non si tratta di sostituire Conte, i vice o minacciare una scissione: si tratta di rilanciare l’azione del Movimento».
LA BASE M5S DIVISA: ORA COSA SUCCEDE
A far discutere però oltre alla mossa di Di Maio è anche la replica-non replica di Giuseppe Conte: affidata ad una nota del Movimento (dunque a Rocco Casalino nella fattispecie), si parla della decisione del Ministro come di un «passo dovuto». Ecco, non è piaciuto affatto all’ala più “dimaiana” del M5s tale messaggio dei vertici, definito «troppo aggressiva» in quanto i capigruppo si attendevano una dichiarazione condivisa di Conte e non una nota “a nome del partito”; «Un vero leader avrebbe risposto diversamente facendo un passo di avvicinamento», osservano i più fedeli a Di Maio. Lo scontro è dunque apertissimo e potrebbe al più presto spostarsi sull’agenda politica e sui vice del leader: «Il Movimento è sempre stato leaderistico – commenta un Cinque Stelle in Parlamento all’ANSA – ma anche all’epoca di Gianroberto Casaleggio, nel direttorio convivevano diverse aree. Conte si confronta solo con i suoi fedelissimi». Di contro, i “contiani” fanno sapere a “Repubblica” e “CorSera” che la cabina di regia nella quale anche Di Maio faceva parte aveva puntato sul nome di Elisabetta Belloni per il Quirinale, l’ultima scintilla che ha fatto saltare il banco della “partita” in casa 5Stelle. Con la “mini” ri-discesa in campo di Beppe Grillo il risultato attuale è evidente e viene bisbigliato da un parlamentare anonimo del M5s: «Il risultato di questa guerra è che Grillo ha commissariato tutti». Secondo quanto ricostruito nelle scorse ore, la risposta di Giuseppe Conte alla scelta di Di Maio con i propri fedelissimi sarebbe stata ancora più dura: «Il suo sguaiato attacco in tv con tanto di esibizione di alcuni parlamentari fedelissimi, la sua agenda personale perseguita durante l’elezione del Capo dello Stato (Di Maio ha lavorato sempre per Mario Draghi al Colle, ndr), si sono rivelati del tutto incompatibili con i valori e, ancor più, con un ruolo di responsabilità in un organo di garanzia». Per il contiano Riccardo Ricciardi, in un dialogo con “Rep”, il problema che solleva Di Maio era già presente all’epoca della sua leadership: «c’erano problemi di democrazia interna. Chiedete a un nostro parlamentare se Di Maio ha mai discusso con i gruppi i temi chiave».