BUENOS AIRES – Più che la notizia apparsa sull’autorevole quotidiano spagnolo ABC, sulla cui falsità si sono scagliati in molti, a cominciare dai vertici del Movimento 5 Stelle per finire all’ovvia smentita dell’ambasciata venezuelana, colpisce il documento mostrato e firmato dal direttore degli Affari generali venezuelani della Difesa e inviato a quello dei servizi di spionaggio del Paese caraibico in cui si spiega nei dettagli il versamento dei 3 milioni e mezzo di euro. Manca solo l’Iva.
C’è da dire che da un lato colpisce l’uso del cartaceo per una faccenda assolutamente riservata come questa, visto che qualche anno prima un copiosissimo finanziamento alla campagna elettorale di Cristina Kirchner in Argentina da parte del chavismo era stato scoperto per caso da una solerte funzionaria della dogana dell’aeroporto cittadino di Buenos Aires dove era atterrato l’aereo privato di Guido Antonini Wilson, industriale venezuelano.
Si trattava di una borsa contenente 790.500 dollari che Antonini Wilson cercò di far passare senza metterla sotto lo scanner. Per fortuna María del Luján Telpuk (questo il nome dell’agente doganale), nonostante la tarda ora e contro alcune autorità che la invitarono a non controllare, lo costrinse a compiere la procedura. Successivamente si scoprì, nel dicembre del 2007, che tre cittadini venezuelani e un uruguaiano, accusati di essere agenti dei servizi segreti bolivariani, avevano fatto pressioni sull’imprenditore perché non rivelasse la destinazione dei fondi neri scoperti in aeroporto: solo che Antonini Wilson, dopo l’accaduto, si era messo a disposizione dell’Fbi e aveva dichiarato tutto.
Chiaramente i due presidenti (venezuelano e argentino) si affrettarono a dichiarare che l’intera manovra era frutto di una bugia degli Usa tesa a minare i rapporti tra i due Paesi. E per questo, dichiarazioni di Wilson a parte, non si scoprì nessuna “ricevuta” o atto cartaceo che rivelasse la non tanto strana operazione, visto che i petrodollari chavisti venivano usati proprio per finanziare gruppi politici vicini all’ideale politico di “sinistra” e “rivoluzionario” del Venezuela.
Ma, nonostante la letterina mostrata da ABC puzzi di un qualcosa tra la fake e, per dirla alla milanese, una pirlata atomica degna di un servizio “segreto” alla Johnny English, ci sono dei punti che, vista anche la crisi interna che sta attraversando, il Movimento 5 Stelle deve chiarire una volta per tutte.
Difatti la cosa che più colpisce in questi anni che hanno mostrato l’ascesa politica di M5s alle stanze del potere risiede nelle mai velate simpatie, in un Paese democratico come il nostro, per quello che è nei fatti un vero e proprio regime dittatoriale. Tanto che la delegazione inviata in Italia dal presidente ad interim venezuelano Guaidó due anni fa non venne ricevuta se non da una parte del Governo di allora (leggi Lega) e successivamente, proprio per questa posizione poi replicata nei regimi populisti latinoamericani, nel corso di una seduta del Parlamento europeo sul riconoscimento, i rappresentanti dei partiti dell’allora maggioranza sono stati gli unici ad astenersi nella votazione.
Ora si registra un’altra problematica, dopo le “rivelazioni” di ABC, sulle quali stanno spingendo i partiti dell’opposizione. Ma più in là dei soliti e prevedibili giochini politici e castronerie di machiavellismo attuali che soffiano sul fuoco di questo caso, i 5 Stelle, sostenitori di una “antipolitica” tale da far rimpiangere Andreotti e la prima Repubblica, sarebbe ora che dicessero chiaro e tondo a una nazione con tanta voglia di rinascere dopo il disastro sanitario del Covid-19 se il loro ideale di Paese ricalca la strenua difesa di un modello, quello populista, che ama tanto i poveri da moltiplicarli facendo precipitare tante nazioni ricchissime nelle crisi più nere della loro storia. E i loro vertici in ricchezze tali da far rimpiangere il “capitalismo” tanto nemico delle loro visioni di un mondo “migliore”.