Gli scienziati hanno sviluppato una macchina per la dialisi in grado di curare l’insufficienza epatica. Accade nel Regno Unito, come si legge sul Daily Mail, dove questa promettente macchina è stata sviluppata dai ricercatori della University College di Londra. Le prime prove condotte sull’apparecchiatura, chiamata Dialive, hanno dimostrato la sua capacità di impedire a un numero doppio di pazienti di andare incontro a un’insufficienza epatica rispetto ai trattamenti esistenti per il fegato.



Gli esperti si augurano che questa macchina possa essere introdotta negli ospedali del Servizio Sanitario Nazionale entro tre anni, modificando l’attuale apparecchiatura per la dialisi renale. A patto naturalmente che ulteriori test abbiano successo. Il professor Rajiv Jalan, dell’UCL Institute for Liver and Digestive Health, che ha inventato Dialive, ha dichiarato al Daily Mail che si tratta del culmine di “50 anni di fallimenti” in quanto “come accademici, può essere difficile definire una malattia e poi tradurre questa conoscenza in una soluzione clinica che faccia davvero la differenza nella vita delle persone”. In collaborazione con il Royal Free Hospital, 32 pazienti sono già stati sottoposti a dialisi o a cure standard per un massimo di cinque giorni con questa nuova macchina che potrebbe curare l’insufficienza epatica.



Macchina per dialisi per curare insufficienza epatica: come funziona

La nuova macchina per la dialisi che potrebbe curare l’insufficienza epatica funziona grazie a due nuovi filtri che puliscono il sangue in modo simile a quanto avviene già con la dialisi renale. La procedura, che dura dalle otto alle dodici ore, ha permesso a circa il doppio dei pazienti di uscire dalla condizione di insufficienza epatica, un risultato notevole rispetto a quanto osservato sui pazienti sottoposti al trattamento farmacologico standard. I primi risultati, pubblicati sul Journal of Hepatology, suggeriscono che i pazienti necessiteranno dai cinque ai dieci cicli di dialisi per curare l’insufficienza epatica in appena un mese.



Dopo tre giorni di trattamento, i pazienti la cui insufficienza epatica si è risolta sono rimasti in remissione per i 28 giorni successivi. Il professor Jalan ha aggiunto al Daily Mail che “abbiamo iniziato a capire cosa si accumula nell’organismo quando il fegato sta cedendo: sostanze tossiche e nocive che l’organismo non è in grado di eliminare e che portano a un’ulteriore insufficienza epatica e alla mancata rigenerazione”. Ma “il fegato ha un incredibile potenziale di rigenerazione” perciò “se riusciamo a mantenere il paziente in vita per un periodo sufficientemente lungo e a creare l’ambiente necessario per la rigenerazione del fegato, allora dovremmo essere in grado di far guarire molti di questi pazienti perché i normali processi di guarigione prenderanno il sopravvento” evitando così di ricorrere a un trapianto di fegato.