Un recente studio ha portato alla luce una delle poche verità certe sulla vita a Machu Picchu, l’incredibile e misteriosa città perduta degli Incas. Attorno al sito archeologico, infatti, negli anni si sono susseguite tantissime congetture, tanto sulla sua effettiva natura, quanto sulla sua concreta utilità. Infatti, la città perduta si trova a circa 2.400 metri di altezza, circondata dal fiume Urubamba e da sterminate foreste vergini.



Come, quando, chi e perché abbia deciso di erigere Machu Picchu non è mai stato scoperto, ma di certo c’è che le ipotesi non sono mancate, in parte quasi tutte smentite. Originariamente si pensò che si trattava della città (anch’essa perduta) di Vilcabamba, ultimissima roccaforte degli Incas, stretti nella morsa dei conquistadores spagnoli. L’idea fu smentita e contestualmente vennero alla luce parecchi scheletri, esclusivamente femminili, che fecero supporre si trattasse di un centro per le Vergini del Sole, dedite alla produzione di beni preziosi per gli Incas. Neppure questa ipotesi convinse tutti e si iniziò a formare l’idea che Machu Picchu fosse una residenza estiva dell’ultimo imperatore Inca. Ora, però, un nuovo studio avrebbe portato alla luce una nuova evidenza.



Lo studio sui variegati DNA di Machu Picchu

Uno studio condotto dalla Tulane University ha scoperto, infatti, che a Machu Picchu buona parte dei residenti non erano di origini Incas. I ricercatori, infatti, hanno analizzato il DNA estratto da circa 34 cadaveri sepolti nel sito archeologico, confrontandolo con quello di 36 persone che vivono (o hanno vissuto più recentemente degli Incas) nella Valle di Urubamba, scoprendo che non avevano nulla a che fare gli uni con gli altri.

Secondo le ipotesi dei ricercatori, che avvalorano l’ipotesi che Machu Picchu fosse una residenza reale, abitata da più di 750 persone nell’alta stagione, i DNA analizzati farebbero parte di persone considerate di rango inferiore ai reali. Infatti, questi erano sepolti con ceramiche poco pregiate, parecchio differenti di quelle trovate nei sepolcri dei reali. Inoltre, dalla stessa analisi è emerso come nessuno dei 34 cadaveri avesse legami di sangue con gli altri (a parte una madre e suo figlio), facendo supporre che siano arrivati a Machu Picchu singolarmente, e non come parte di un gruppo sociale. Secondo i ricercatori, i servitori degli Incas, insomma, erano persone comune prelevate da ogni parte dell’impero conquistato.