LA FRANCIA DI MACRON CONFERMA THIERRY BRETON COME COMMISSARIO UE

Nonostante le voci insistenti sulla scelta per il potente Ministro dell’Economia Bruno Le Marie, alla fine il Presidente di Francia Emmanuel Macron ha optato per “l’usato sicuro”: è Thierry Breton, commissario uscente al Mercato Interno, il nome scelto da Parigi per comporre la prossima Commissione Europea ancora a guida Ursula Von der Leyen. L’annuncio è stato dato dallo stesso Presidente francese, impegnato con le “pausa” politica delle Olimpiadi mentre ancora il Paese si trova senza Governo dopo le Elezioni anticipate dell’Assemblea Nazionale: «Breton, grazie alle proprie qualità e alla propria esperienza, in particolare durante il suo precedente mandato, ha dimostrato la competenza generale e l’impegno europeo che gli consentiranno di continuare ad assumere in modo indipendente le importanti responsabilità che vorrete affidargli all’interno del Collegio», spiega una nota di Macron dall’Eliseo.



69 anni, già Ministro dell’Economia dal 2005 al 2007, Breton è stato per anni l’ad del colosso informatico francese Atos e punta a permanere a Bruxelles anche per i prossimi 5 anni nonostante i rapporti tutt’altro che idilliaci con la Presidente Ue: il politico in quota PPE ottiene ancora fiducia dal Presidente Macron che punta dopo il Mercato Interno ad ottenere un altro portafoglio di peso per lo stesso Breton (facendo pesare l’appoggio in termini di voti e “influenza politica” dei Liberali di Renew Europe). La Francia aggira la nuova norma di presentare due candidati, un uomo e una donna, per la Commissione Ue, in quanto presenta un candidato uscente dal precedente collegio di Bruxelles. Va ricordato come una volta che saranno pervenute tutte le nomine dei singoli Stati membri Ue – entro il 30 agosto – ogni commissario “in pectore” parteciperà ad una audizione pubblica con il Parlamento Europeo in vista della votazione dell’intero collegio dei commissari nel mese di settembre.



IL DUPLICE “RICATTO” DI MACRON A VON DER LEYEN E MELENCHON SUL NOME DI BRETON

La scelta di Macron ha una duplice valenza politica, tanto nazionale quanto europea: in primis, il Presidente francese risponde con la nomina di Breton alle critiche del leader del Nuovo Fronte Popolare Melenchon che chiedeva la paternità della scelta al prossimo nuovo Governo di Parigi: «non è prerogativa dell’Eliseo la scelta del commissario». Macron però dopo aver “congelato” le trattative sul nuovo Governo – con un Parlamento spaccato in tre fra centristi, sinistra e destra – ha preso la palla al balzo approfittando del momento e nominando il candidato alla Commissione Ue.



Già negli scorsi giorni la leader del Rassemblement National Marine Le Pen aveva contestato la scelta potenziale, oggi effettiva, di Breton, spiegando che la nomina del commissario europea «deve essere prerogativa del Primo Ministro». Ma l’azzardo macroniano esce anche dai confini della Francia e punta dritto contro l’alleata leader europea Ursula Von der Leyen: Thierry Breton non più tardi dello scorso gennaio aveva pesantemente criticato la presidente in quota PPE, chiedendosi come fosse possibile «riaffiorare la gestione dell’Europa per altri 5 anni?». Secondo le fonti Ue a Bruxelles, Breton è uno dei principali “nemici” interni alla Commissione per Von der Leyen, la quale si vede così quasi “costretta” da Macron ad accettare un nominativo tutt’altro che gradito: un “ricatto” che arriva da lontano, ovvero dalla scelta di sostenere la ri-candidatura Von der Leyen, sfidando i risultati delle Europee dove pure i Liberali hanno perso voti e seggi. L’influenza politica e la strategia dell’Eliseo rischia di portare a segno un gol che vale doppio: nomina in assenza di un Governo e punta su un candidato decisamente “inviso” dalla leader Ue, che però non può fare a meno di accettare Breton qualora Consiglio Ue e Parlamento ratificheranno. Lo ripetiamo, quello di Macron è un azzardo che al momento sembra funzionare ma che alla lunga potrebbe anche ritorcersi contro il Presidente: da settembre, tra Ue e Governo di Francia, una direzione andrà presa e non è detto che le armi in mano del Presidente siano “infinite”.