Secondo i dati diffusi dalle autorità sanitarie francesi, il ricorso ai servizi di psichiatria da parte dei giovani è aumentato del 40% nel 2020 e il 40% dei genitori dice di aver osservato segni di sofferenza nei figli durante il primo lockdown, soprattutto per la mancanza di relazioni sociali causata dalla chiusura della scuola. 



Per questa ragione il presidente Macron ha annunciato che lo Stato pagherà dieci sedute dallo psicologo ai giovani depressi per via della pandemia. Le sedute saranno rimborsate al 100% con un forfait destinato alla fascia di età compresa fra 3 e 17 anni, ha precisato l’Eliseo. S

i potrà usufruire di questo strumento fino a quando la crisi sanitaria sarà in corso. Per lo psicologo Paolo Crepet, specializzato in problematiche educative giovanili, “è una gentile presa per i fondelli da parte di Macron: prima gli dai la bastonata chiudendo le scuole e poi gli offri il cerotto dello Stato”. Il disagio, aggiunge, è evidente, ma non è “con le sedute psichiatriche che si risolve il problema, si risolve solo riportando i ragazzi nel luogo che appartiene loro e a nessun altro: la scuola”.



Sappiamo tutti che il lockdown ha dato vita a problematiche e anche a disturbi mentali, ma non ne stiamo facendo un caso esagerato? Pensiamo ai bambini della Siria che hanno vissuto il trauma della guerra. Non è che siamo davanti all’ennesimo caso di una società opulenta e viziata?

Che ci sia una crisi è del tutto evidente, ma mi meraviglio di chi si meraviglia. Se si tiene una generazione dentro la camera da letto per un anno e mezzo, mi pare chiaro che non tutti stanno bene. Il caso francese è paradossale: prima dai loro la bastonata chiudendo le scuole, poi gli offri il cerotto dello Stato. Una gentile presa per i fondelli di Macron ai suoi giovani. Spero che nessuno, pur di guadagnarci qualcosa, voglia approfittarne.



L’intervento dello Stato in questioni così delicate è sempre inquietante, una sorta di Grande fratello. Che ne pensa?

Bisogna tener conto che la Francia ha preso questa decisione avendo tenuto aperte le scuole tre volte tanto rispetto a quelle italiane. Se lo Stato francese paga dieci sedute psicologiche, noi cosa dovremmo fare, pagarne dieci mesi? Seconda questione: non si possono trattare i ragazzi come fossero un sindacato.

Cosa intende? Qual è il reale malessere dei giovani, visto che se ne sentono tante al proposito?

Gli effetti ci sono, lo dico da un anno, ci ho scritto un libro durante il lockdown e ne ho scritto un altro che uscirà fra poco, più di così non so cosa dire. Esiste una sindrome che non riguarda solo i ragazzi, ma colpisce soprattutto loro, ed è la dipendenza da Internet. Ha effetti psicologici di media durata per le persone in età evolutiva che passano ore davanti a uno schermo. Questa sindrome provoca degli effetti chiari e definiti: parademenziali, cioè sindrome della fatica e della stanchezza, della perdita di memoria a breve, sindrome che implica difficoltà a concentrarsi e difficoltà comportamentali, il cui esempio è il ragazzo cosiddetto cavernicolo che non esce più dalla stanza. All’opposto c’è quello che tira coltellate e scatena sintomi di rabbia. Sono i due poli. Ma che ci sia un correlato psicologico a ciò che è accaduto è evidente. È come legare un cane per due anni a una catena.

Mi permetta, ma noi non siamo cani. Ci sono ragazzi che si organizzano, studiano insieme, comunque escono perché non è più vero che siamo tutti chiusi in casa. A me sembra che si fantastichi un paradiso perduto prima del lockdown che in realtà non esisteva proprio per niente.

Certo che la scuola lasciava a desiderare anche prima. Da decenni è stata usata come un salvadanaio, i cui soldi sono stati usati per altri interessi. Dall’inizio degli anni 90, la perdita dell’autorevolezza della scuola è evidente, lo vediamo nel proliferare di certe scuole private che ti danno il diploma facile, basta che paghi, e i risultati si vedono. Ci sono sottosegretari del governo che a 35 anni hanno due lauree, una specializzazione, hanno lavorato per organizzazioni mondiali.

Insomma, come si esce da questo disagio?

Intanto riducendo l’uso della tecnologia, di Internet. Dopo tutto il pandemonio che la Dad ha combinato che cosa fa un gruppo editoriale come Gedi? Fa una raccolta fondi per dare a tutti i ragazzi lo strumento che li ha rimbambiti fino a ieri, il computer. Allora regaliamo canapa a chi vuole impiccarsi.

Davanti al disagio, come si riaccende il desiderio nei ragazzi?

Grazie al cielo il desiderio se lo accendono da soli, non c’è bisogno che glielo accendiamo noi. Ciò che dobbiamo restituire loro è il diritto allo studio e si fa in un luogo che si chiama scuola, non in cucina, in bagno o in soffitta. Al di là di Macron e della psicoterapia dei giovani, la terapia vera è riportarli in quel luogo, la scuola, che non è per gli insegnanti, per il preside, è il luogo dei ragazzi; dove c’è la vita, le interrogazioni, le partite a pallone, le amicizie. Questa è la vita dei giovani, che va ridata loro, senza che noi adulti la tocchiamo perché facciamo solo danni. Con carta, penna e calamaio, lasciamo stare per un po’ i computer. 

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