Dopo l’incontro di Macron con papa Francesco sembrerebbe aprirsi uno spiraglio per l’apertura di un dialogo tra Russia e Ucraina con il coinvolgimento del Vaticano.

Il papa, si sa, non ha mandato armi all’Ucraina e d’altra parte non ha risparmiato la denuncia dell’invasione. Certo, come nella tradizione anche diplomatica della Santa Sede, ha sempre sostenuto la necessità di un dialogo con chiunque per la pace anche quando qualcuno di neo-atlantisti lo accusava di essere quasi un filoputiniano.



D’altra parte non risulta che papa Francesco abbia mai ricevuto bottiglie di vodka, dato che tutti sanno che la sua unica debolezza è un po’ di mate.

Perché ora c’è una possibilità di dialogo, con molta prudenza confermata anche dal Segretario di Stato Parolin e dallo stesso portavoce di Putin, Peskov?

Il fatto è che a questo punto è interesse di tutti la pace, dato che la vittoria dell’una o dell’altra parte pare non abbia più chance di una vittoria della Juve.



I russi, ormai da tempo, hanno enormi problemi sul piano militare. Inoltre cominciano a subire gli effetti delle sanzioni e delle spese militari sul piano economico. In quello politico, oltre al crescente isolamento da buona parte del mondo, Putin non può non essersi accorto che in questo momento la parte del leone la sta facendo la Cina.

Sul piano politico interno le centinaia di migliaia di giovani fuggiti all’estero sono non solo una evidente vergogna per la Russia ultra nazionalista, ma anche il primo segno sensibile di una sfiducia che si sta diffondendo nel paese, perché tutte le loro famiglie, rimaste ovviamente in Russia, non solo devono difendersi da quelle che le accusano di avere figli traditori della patria, ma già cominciano a rispondere: “E se domani toccasse a tuo figlio?”.



L’Ucraina, che appare vittoriosa sui media occidentali, scopre ogni giorno di più che le distruzioni e le morti non finiscono mai. Che spesso è vero che i russi si ritirano, ma lo fanno facendo terra bruciata, più o meno come fecero i tedeschi con Varsavia.

Sta per cominciare l’inverno e in molte città non c’è né luce né riscaldamento. Non c’è del tutto, altro che i nostri 19°…

Milioni di persone sono fuggite all’estero e solo in parte sono rientrate, creando anche nuovi problemi perché le loro case non ci sono più o, a volte, sono state occupate, anche per scopi militari.

L’Europa, che in qualche modo Macron sta rappresentando, non è senza problemi, perché non c’è bisogno di essere filorussi per vedere che sanzioni e relative conseguenze cominciano a mettere in ginocchio l’economia.

Insomma, ora la pace conviene un po’ a tutti, o quasi. Del resto, non è da oggi che un povero cristiano come me ha imparato che fare il bene alla fine conviene, in tutti i sensi.

E il papa? Che c’entra il papa? I suoi mercenari, svizzeri, sono tuttora impegnati a combattere coi piccioni di piazza San Pietro e con qualche gruppuscolo di vecchiette sudamericane che hanno sostituito i numerosi pellegrini polacchi del tempo di Woytila. Quindi non sono disponibili per la guerra.

Lui, papa Francesco, sì, ma per una guerra alla guerra. Non ha eserciti da benedire, ma da mandare possibilmente a casa.

La Chiesa cattolica sia in Ucraina che in Russia è la Chiesa di una piccola minoranza, ma tuttora molto stimata. E comunque il più stimato è proprio lui, Francesco, come si è visto clamorosamente durante la sua visita ad Astana.

E’ chiaro che una possibile trattativa, come ho già detto, parte da una confluenza di interessi, ma come in ogni trattativa è necessario anche un notaio di fiducia. E da questo punto di vista, vuoi mettere papa Francesco rispetto a Erdogan?

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