TAIWAN, CINA E USA: LE PAROLE DI FUOCO DI MACRON DI RITORNO DA PECHINO

Di ritorno dalla tre giorni di missione in Cina la “voce” dell’Europa resta più quella di Emmanuel Macron che non della sua legittima leader, Ursula Von der Leyen: del resto le dichiarazioni roboanti e clamorose del Presidente dell’Eliseo – in nettissima difficoltà in Francia per la riforma pensioni e le piazze a ferro e fuoco da settimana – oscurano del tutto i discorsi diplomaticamente corretti della Presidente della Commissione Europea. Dopo i lunghi colloqui con il Presidente cinese Xi Jinping, Macron torna a Parigi con una consapevolezza in più (e non saranno molto felici tanto a Taiwan quanto in Ucraina): «l’Unione Europea deve ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti ed evitare di farsi trascinare in controversie con la Cina come quella su Taiwan, che la ostacolerebbero dal realizzare una sua autonomia strategica».



Non solo, se l’Europa davvero vuole perseguire l’obiettivo di divenire la terza superpotenza mondiale deve piantarla con l’essere subalterni agli Stati Uniti, questo il senso “drastico” di quanto detto con più diplomazia da Macron rispondendo alle domande dei giornalisti alla sua partenza dalla Cina: «Possiamo essere il terzo polo – rispetto a Pechino e Washington – se avremmo qualche anno per costruirlo». La domanda a cui gli europei devono rispondere, incalza ancora il Presidente francese, è la seguente: «è nel nostro interesse accelerare una crisi su Taiwan? No. La cosa peggiore sarebbe pensare che su questo argomento noi europei dobbiamo diventare dei seguaci e prendere come esempio l’agenda degli Stati Uniti». Parole durissime che sembrano allontanare e di molto la leadership europea – o meglio, quella di Macron, occorre infatti capire se Scholz, Meloni e la stessa Von der Leyen siano sulla stessa linea d’onda – da quella di Washington (con il discorso NATO che resta colpevolmente sullo sfondo anche se dovrebbe restare primario come tema). Il tutto tra l’altro nei giorni in cui Pechino ha avviato una tre giorni di esercitazioni militari nello spazio aereo e marino di Taiwan, inviando 71 aerei da combattimento e otto navi da guerra: una risposta sì alla visita della Presidente di Taipei negli Stati Uniti ma anche una prova di forza davanti all’Occidente. Un Occidente sempre più diviso, come mostrano le parole di Macron di oggi.



MACRON: “NON È MOMENTO DEI NEGOZIATI IN UCRAINA MA LI PREPARIAMO”

Non più “seguaci” dell’agenda americana ma impegnati per costruire una vera autonomia geopolitica: ancora Macron a “Les Echo” sottolinea come «L’autonomia strategica deve essere la battaglia dell’Europa. Non vogliamo dipendere da altri su questioni rilevanti. Il giorno in cui non hai più scelta su energia, difesa, social network, intelligenza artificiale perché manchi delle tue infrastrutture su questi temi, rischi di uscire dalla storia». Se 5 anni fa una autonomia strategica secondo Macron sembrava una netta chimera, ecco che oggi ne parlano tutti: «È un cambiamento importante. Ci siamo dotati di strumenti di difesa e di politica industriale. Ci sono stati molti passi avanti. Abbiamo iniziato a creare fabbriche per batterie, componenti a idrogeno ed elettronici. E ci siamo dotati di strumenti difensivi del tutto contrari all’ideologia europea solo tre o quattro anni fa! Ora disponiamo di strumenti di protezione molto efficace».



Da Taiwan all’Ucraina, la posizione di Macron si fa sempre più drastica e si allontana da quanto spiegato solo pochi giorni fa davanti a Xi Jinping da Von der Leyen: «La minaccia di usare la forza per cambiare lo stato delle cose è inaccettabile», aveva detto la leader Ue. Ecco che la posizione della Francia sembra discostarsi: «Gli europei non sanno risolvere la crisi in Ucraina, come possono dire in modo credibile a Taiwan “tranquilli, se fate qualcosa di sbagliato ci siamo noi”? Se volete davvero alimentare le tensioni, questo è il modo migliore per farlo». Anche per questi motivi Macron lancia un nuovo messaggio a Kiev (e di rigetto anche a Mosca, dove i canali diplomatici non si sono mai realmente chiusi nonostante la guerra): «Credo che la Cina stia facendo la nostra stessa osservazione, ovvero che oggi il momento è militare – ha detto il presidente francese – Gli ucraini stanno resistendo e noi li stiamo aiutando. Non è il momento dei negoziati, anche se li stiamo preparando e se dobbiamo gettare le basi». Secondo Macron la pace insomma è lontana, ma è proprio questo lo scopo del dialogo con la Cina per poter «consolidare approcci comuni. Uno, il sostegno ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Due, un chiaro richiamo sul nucleare dopo che Putin ha dispiegato armi in Bielorussia pochi giorni dopo essersi impegnato a non farlo. Tre, un chiaro richiamo al diritto umanitario e alla protezione dei bambini. Quattro, un impegno per una pace negoziata e duratura […] Si vede quindi che c’è una matrice comune che emerge da tutto questo. L’Ucraina è una priorità per la diplomazia cinese? Forse no. Ma questo dialogo ci permette di temperare i commenti che abbiamo sentito su una forma di compiacenza da parte della Cina nei confronti della Russia», ha concluso il leader dell’Eliseo di ritorno dalla Cina.