“Giorno nero di Meloni” in Europa, titola oggi Repubblica. Ma Francesco De Remigis, inviato a Parigi de Il Giornale, offre un’altra versione del primo giorno di Consiglio europeo. Ieri a Bruxelles il presidente del Consiglio italiano ha definito “inopportuna” la cena organizzata da Macron all’Eliseo con Scholz e Zelensky. “Credo che la nostra forza in questa vicenda sia l’unità e la compattezza” ha dichiarato la Meloni, riferendosi all’Europa. Dall’Italia le ha fatto eco Matteo Salvini: “escludere non serve a nessuno, non è intelligente”. I tempi stretti dell’agenda del Consiglio hanno fatto saltare i bilaterali, compreso quello in programma tra Meloni e Zelensky, che si sono visti e parlati brevemente al termine di un incontro più ampio in cui il presidente ucraino ha parlato con Italia, Spagna, Polonia, Romania, Svezia e Olanda.
Restano il puntiglio e il protagonismo divisivo di Macron. “Il piano Mattei lanciato dal governo italiano ha fatto saltare i nervi a Parigi” osserva De Remigis. Ma c’è dell’altro. Le trattative sull’Ucraina sono in stallo e l’iniziativa del presidente francese ha perso smalto.
Meloni ha attribuito l’iniziativa di Macron a “pressioni di politica interna”: corrisponde al vero?
Da un lato è così. Ma credo più che altro che la Francia di Macron stia soffrendo il ritrovato attivismo italiano in Nordafrica. Il “piano Mattei” lanciato dal governo italiano ha fatto saltare i nervi a Parigi. Al netto di un inizio di rapporti incoraggianti, tra i due si viaggia ormai a colpi di fioretto.
Cosa puoi dirci della cena all’Eliseo?
La cena ad excludendum di Macron con Scholz e Zelensky è stato un modo di far valere un peso acquisito l’anno scorso da presidente del Consiglio dell’Ue, a danno però dell’immagine del nostro Paese. Una bassezza. Una photo opportunity da spendere a uso e consumo personale.
Quali sono le questioni di politica interna che starebbero condizionando Macron?
Che il governo francese sia inquieto lo dicono non solo i sondaggi, le piazze, ma anche i retroscena. Si parla di un rimpasto all’orizzonte. E in queste occasioni di solito Macron alza la voce, non indietreggia a cuor leggero.
Sul versante europeo a tuo avviso come stanno realmente le cose?
Certo si può migliorare qualcosa dal punto di vista della comunicazione. Sia quella francese, sia quella italiana. Anche sul bilaterale raccapezzato all’ultimo minuto con Zelensky, a Bruxelles, nel colloquio ravvicinato con Meloni, Roma ha recuperato sul filo. Ma alla fine Italia, Francia e Germania sono i tre Paesi chiave dell’odierna Ue orfana di Londra.
Macron intende spingere la Meloni più a Est, verso Varsavia?
Non credo sia un test. E se lo fosse, mi pare che Roma l’abbia superato, restando centrale nei rapporti multilaterali. Parigi non ha ancora ben compreso che Giorgia Meloni oggi, piaccia o meno, guida il sistema Italia. E se stiamo per mandare a Kiev un sistema di difesa antimissile di produzione franco-italiana, forse ci si dovrebbe ricordare che Francia e Italia sono più legate di quanto non si voglia pensare. Vale per Roma, come per Parigi.
Torniamo alla “inopportunità” di cui sopra. Secondo te la Meloni ha dovuto ripiegare sull’unico “bersaglio” possibile che le era consentito (la cena all’Eliseo), non potendo certamente definire inopportuna la visita di Scholz e Macron a Washington?
La Meloni ha semplicemente raccolto un guanto di sfida lanciato da Parigi. L’Italia collabora con tutti, e ha progetti comuni con le principali potenze occidentali. Una sorta di jolly. Sono gli altri che se ne stanno accorgendo man mano. Non vedo frizioni con gli Usa, ma scelte che l’Ue deve fare, possibilmente di concerto. Se non a 27, a maggioranza.
Sull’Ucraina Macron ha voluto giocare un ruolo da protagonista fin dalla crisi che ha preceduto l’invasione russa. Qual è oggi il suo obiettivo?
Non dimentichiamo che Macron, sull’Ucraina, ha chiesto a Papa Francesco un gioco di sponda, perché la sua iniziativa ha via via perso smalto. Ma la diplomazia vaticana ha i suoi metodi e tempi, canali non sempre coincidenti con quelli di uno Stato laico. Macron si trova, a distanza di settimane da quell’incontro, a dover gestire una fase incognita. E talvolta scivola nell’arroganza. Poiché le trattative sono in stallo, lui come altri pensano anche al futuro. Dell’Ucraina nell’Ue e della Francia in Ucraina.
Macron ha risposto alla Meloni che Francia e Germania hanno da otto anni sull’Ucraina un “ruolo particolare”. Se si tratta del “Formato Normandia” risalente ai tempi di Hollande e Merkel, quei colloqui si sono risolti con un fallimento. Era l’Ucraina a non volere quel processo diplomatico.
Insomma, direi che la Francia ha avuto un ruolo. Felice o infelice che sia stato, ambiguo quanto si vuole, va rispettato. Ma la storia non può essere solo Parigi a scriverla. In Libia per esempio è stato un disastro, con Sarkozy ancora oggi chiamato a spiegare talune scelte. E anche per il futuro dell’Ucraina, forse sarebbe bene resettare e ripartire uniti. Il 24 febbraio 2022 ha cambiato tutto, anche il passato.
È vero che Roma sta tentando da tempo, ma senza esito, di mettere in agenda un incontro Meloni-Macron?
Ci sono contatti. A livello intermedio mi pare che i rapporti siano anche buoni. Si lavora su vari dossier, non ultimo quello dei terroristi rossi da estradare in Italia, la cui udienza è fissata al 28 marzo prossimo a Parigi. Non guardiamo solo le dichiarazioni di agenzia, scavando emergono tavoli comuni e discussioni fruttuose anche in ambito Ue, sul debito comune e persino sui migranti. Per ora, però, non credo a una missione di Stato di Meloni all’Eliseo.
(Federico Ferraù)
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