Il processo sulla morte di Maddalena Urbani: il pm Pietro Pollidori, come riportato da Rai News, ha chiesto alla Corte d’Assise una condanna a 21 anni di carcere nei confronti di Abdulaziz Rajab, il pusher siriano accusato di omicidio volontario, e una condanna a 14 anni di carcere nei confronti di Kaoula El Haouzi, amica della vittima, accusata degli stessi reati in concorso ma con attenuanti generiche. Il riferimento è a quanto accaduto il 27 marzo del 2021, quando la ventunenne, che era figlia del medico Carlo Urbani, noto per avere per primo isolato la Sars, venne trovata priva di vita nell’abitazione dello spacciatore.



Le cause del decesso, come confermato dall’autopsia, erano da ricondurre ad una overdose provocata da un mix di droghe e farmaci. A rendere ancora più pesanti le accuse nei confronti dei due imputati, inoltre, c’è anche l’aspetto secondo cui “Maddalena Urbani poteva essere salvata”. Ad accertarlo, come ribadito in sede di processo dagli avvocati della famiglia della vittima, Giorgio Beni e Matteo Policastri, sono state le lunghe indagini.



Maddalena Urbani, chiesti 21 anni per il pusher: perché non è stata salvata?

Maddalena Urbani poteva essere salvata. È questa la consapevolezza che rende ulteriormente inquietante il caso relativo alla morte per overdose della ventunenne di Roma, avvenuta il 27 marzo del 2021. “La vittima ha avuto una drammatica agonia durata circa 15 ore ma volontariamente non è stato chiamato il 118 perché l’imputato, che si trovava agli arresti domiciliari, aveva paura di perdere i benefici di questa detenzione”, hanno ribadito i legali Giorgio Beni e Matteo Policastri come riportato da Rai News.



“In quelle ore i due imputati erano i garanti della vita di Maddalena e pur prefigurandosi che la ragazza potesse morire non hanno allertato i soccorsi o lo hanno fatto solo quando era già morta”, hanno aggiunto. È per questo motivo che le accuse nei confronti del pusher siriano Abdulaziz Rajab e dell’amica Kaoula El Haouzi sono inequivocabili.