La Corte d’Assise di Roma ha reso note le motivazioni della sentenza sul caso relativo alla morte di Maddalena Urbani, che a ottobre scorso ha portato alla condanna a 14 anni di carcere per il pusher siriano Abdulaziz Rajab per omicidio volontario con dolo eventuale e a due anni per l’amica Kaoula El Haouzi, nei confronti della quale l’accusa è stata riqualificata da concorso in omicidio a omissione di soccorso. I giudici hanno stabilito che la figlia ventunenne del medico-eroe Carlo Urbani, noto per avere isolato per primo la Sars, si sarebbe potuta salvare.
Era il 27 marzo 2021 quando una dose massiccia di sostanze stupefacenti provocò alla giovane romana una overdose di metadone, che le è stata fatale. Secondo la sentenza, come riportato da Adnkronos, però, “sarebbe stata sufficiente una telefonata tempestiva al 118 a salvare la vita di Maddalena Urbani”. Una chiamata che chi si trovava con lei nell’appartamento di via Cassia in cui è deceduta non ha mai fatto.
“Maddalena Urbani salva con chiamata a 118”: le motivazioni della sentenza
Gli imputati Abdulaziz Rajab e Kaoula El Haouzi, secondo le motivazioni della sentenza della Corte d’Assise sul caso della morte di Maddalena Urbani, “preferirono non chiamare i soccorsi, nonostante l’esatta consapevolezza della gravità della situazione, dimostrata dalla necessità di intervenire più volte quella notte sulla ragazza con manovre di tipo rianimatorio”. Il pusher siriano, in particolare, agì “per motivi inaccettabili, esclusivamente egoistici”, allo scopo di ‘’evitare assolutamente un intervento dei sanitari del 118 per scongiurare che si venisse a conoscenza del fatto che aveva ricevuto due ragazze in casa”, dato che aveva violato la misura degli arresti domiciliari in cui si trovava.
All’uomo sono state comunque concesse delle attenuanti in virtù delle “disagiate condizioni di vita, di estrema precarietà ed emarginazione e dell’atteggiamento parzialmente collaborativo”. L’amica, invece, nel corso del processo “ha mentito e ha fatto di tutto per sminuire la precisa consapevolezza della gravità della situazione e il suo evidente coinvolgimento nella vicenda”. È per questo che le attenuanti le sono state negate.