Il marito di Gisella Cardia si rivolge al Consiglio di Stato per l’ordinanza comunale che prevede la demolizione degli abusi edilizi nel terreno dove si verificherebbero le apparizioni della Madonna di Trevignano. Dopo la decisione del Tar, che lo scorso giugno ha respinto la richiesta di sospendere l’ordinanza, Gianni Cardia, marito della sedicente veggente di Trevignano Romano presenta ricorso al Consiglio di Stato, arrivando a denunciare «l’accanimento da parte delle autorità» nei suoi confronti. In gioco, secondo l’uomo, c’è la libertà di culto, garantita – si legge nel ricorso, come riportato da Repubblica – dal primo emendamento della costituzione Usa, ma anche da un classico della Rivoluzione francese, la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789.
Il ricorso di Gianni Cardia, che è anche presidente dell’associazione Madonna di Trevignano, sarà discusso l’11 luglio. Nel documento si legge che «il Tar ha completamente e in maniera abnorme errato affermando che la funzione religiosa dell’associazione si possa svolgere senza i suoi simboli (la Statua della Madonna e la Statua di San Michele Arcangelo) e senza quel minimo di amenità che si deve ad un luogo spirituale (a tale ruolo assolvono le panchine che sono un modesto manufatto che consente ai fedeli di esprimere al meglio la funzione religiosa)».
MADONNA DI TREVIGNANO, “RIMOZIONE STATUA? BLASFEMIA”
Secondo il marito di Gisella Cardia, tutte le opere ritenute abusive, che vanno rimosse il prossimo 17 luglio, tra cui panchine interrate, teche con statute, la staccionata e la strada di brecciolino, in realtà «non necessitano di alcun tipo di autorizzazione edilizia». Anzi, la rimozione della statua della Madonna di Trevignano, a detta di Gianni Cardia, «integra sicuramente l’illecito amministrativo di blasfemia». Il ricorso, redatto dall’avvocato Adriano Tortora, punta il dito contro il Comune di Trevignano, accusato di aver violato i diritti fondamentali in materia di libertà religiosa con la sua ordinanza di demolizione.
«Intorno al fenomeno della Madonna di Trevignano Romano si è creato un clima di odio e violenza assolutamente non giustificato – si legge nel ricorso – in questa logica, l’ordinanza del Comune di Trevignano Romano costituisce l’ultimo atto di accanimento di una lunga serie che prosegue nel rafforzare il clima di tensione che si è creato sui fedeli della Madonna di Trevignano Romano che si vedono aggrediti in libertà fondamentali garantite e protette dalla Costituzione». Nel documento si spiega, infine, che questo clima d’odio ricade sulla stessa veggente, a cui sono rivolte minacce «con epiteti irripetibili» e che hanno costretto l’associazione a usufruire di un servizio di security nei giorni in cui avviene la preghiera.