Madre e figlia chiuse nell’armadio per sfuggire alla violenza dell’ex
Dramma sfiorato in provincia di Teramo, dove i Carabinieri hanno trovato chiuse nell’armadio della camera da letto mamma e figlia, di quattro anni, minacciate e picchiate dall’ex compagno della donna e padre della bimba. L’uomo, che era stato rinviato a giudizio per maltrattamenti, per giunta con un ricovero in clinica psichiatrica alle spalle, è piombato in casa della donna. La Ctu (consulenza tecnica d’ufficio) aveva ignorato la violenza, parlando di bigenitorialità nonostante le richieste di aiuto della donna. Il fatto risale allo scorso 22 gennaio, quando l’uomo è arrivato in casa della madre della figlia, “sfondando la porta”. Così, la donna e la bambina si sono nascoste nell’armadio, mentre lui minacciava la suocera, mettendole le mani al collo e inseguendola per le scale. Nel frattempo, l’arrivo dei carabinieri.
La donna è stata per molto tempo vittima delle violenze di un uomo, il suo ex compagno, che la picchiava, anche nel periodo della gravidanza della loro bambina, che oggi ha 4 anni. Gli appelli della donna non sono stati accolti. Lei, a Storie Italiane, ha raccontato: “Da quando l’ho conosciuto è iniziato questo calvario. Durante il periodo della gravidanza è diventato un altro uomo. Un padre-padrone, geloso. Quando è nata la bambina sono iniziati gli scatti di ira, all’improvviso mi picchiava“.
Affidamento condiviso nonostante la patologia dell’uomo
L’uomo, come raccontato dall’avvocato della donna, aveva alle spalle un ricovero in una clinica psichiatrica: nonostante questo, la CTU ha omesso la valutazione del rischio e l’esame di tutti i documenti che avrebbero attestato sia la violenza, quindi il rinvio al giudizio, sia la malattia psichica di quest’uomo che era stata accertata in seguito al ricovero del 2020. La malattia dell’uomo può avere delle regressioni solo transitorie: tutto questo era stato portato all’attenzione della CTU e del Tribunale affinché fossero prese misure di tutela. Invece così non è stato: sono stati permessi degli incontri con la figlia. È stato infatti disposto l’affidamento condiviso e incontri in casa del padre alla presenza di un’educatrice per sei mesi.
La madre ha raccontato ancora a Storie Italiane: “Quando tornava a casa era completamente diversa, in un attimo si addormentava. Non mi raccontava niente. Io chiedo una revisione del sistema perché non si viene creduti. Io ho sempre detto che mia figlia avesse un papà violento e che chiedevo solo la massima attenzione per la tutela della bambina. Questo per me è il problema grave. I bambini devono sorridere e vanno tutelati”.