SCOPERTA CHOC NEL NEBRASKA, USA: ABORTO IN CASA OLTRE LIMITE, FETO SEPPELLITO IN GIARDINO

Dagli Stati Uniti fino a casa nostra, la notizia della 17enne che abortisce oltre il limite in casa, con la madre che decide poi di seppellire il feto in giardino, ha assunto una rilevanza “solo” per l’elemento mediatico dettato dalla presenza di Facebook: quanto infatti compiuto in Nebraska dalla 17enne Celeste Burgess è stato infatti rivelato dai dati social forniti da Meta, creando polemiche a non finire tanto sul fronte privacy quanto sulle conseguenze della storica sentenza della Corte Suprema che ha abolito la precedente Roe vs Wade, in quanto incostituzionale perché accettava il “diritto all’aborto”. La notizia però, ci permettiamo, ha un valore e una gravità prima di qualsiasi conseguenza politica o commerciale: un bambino giunto a 28 settimane di vita (7 mesi, tanto per capirci, nel Nebraska la legge permette l’aborto fino a 20 settimane) è morto per un farmaco, il Pregnot (come la pillola RU486 contiene mifepristone che provoca l’aborto) acquistato dalla ragazza 17enne con la madre Jessica.



Come spiega l’articolo di Vice che ha diffuso la notizia negli States, dopo l’aborto effettivo con la nascita del bambino già morto, la ragazza insieme ad un 22enne (presumibilmente il padre del bimbo) e alla madre hanno seppellito in giardino il feto. La polizia ha effettuato un’autopsia sui resti del feto per verificare che non fosse morto per asfissia: l’esame ha confermato che era nato morto. Ma come la polizia è giunta fin li? Proprio tramite i messaggi che Facebook a deciso di condividere con le autorità su richiesta esplicita degli inquirenti. Ora sia la madre di Celeste, che la stessa 17enne con il ragazzo sono indagati per diversi reati tra cui anche “occultamento di cadavere”.



FACEBOOK CEDE I DATI TRA LA MADRE E LA 17ENNE CHE HA ABORTITO

Un dramma enorme, che coinvolge a più piani le vicende di una ragazza ancora minorenne, di una madre che decide di far abortire la figlia (convincendola che è la cosa giusta da fare anche se il bimbo ha già 7 mesi), di un 22enne che le aiuta e infine anche del più innocente di tutti, il feto abortito a due mesi dal parto apparentemente senza alcun motivo (l’aborto è infatti previsto oltre il limite solo per pericolo di vita della madre). Eppure se si guarda il tono usato da Vice e da tanti altri media anche italiani sulla vicenda di Celeste Burgess, l’unico elemento a cui guardare è il quadro politico-ideologico: «il caso mostra in modo scioccante come l’aborto sarà perseguito d’ora in poi negli Stati Uniti», nonché il modo in cui le aziende tecnologiche «verranno sfruttate dalle forze dell’ordine per ottenere prove per le incriminazioni», riporta l’articolo americano.



Le attenzioni sono tutte rivolte alla cessione dei dati di Facebook così come i “rischi” futuri nei vari casi di aborto sparsi negli Stati Uniti: Meta si è difesa dicendo di aver mandato i dati privati di Jessica e Celeste a giugno, quando ancora la sentenza Roe vs Wade era in vigore. La società fondata da Mark Zuckerberg ha poi comunicato che il mandato della polizia del Nebraska «non citava un aborto», bensì parlava di «un’indagine criminale». Ha poi anche ribadito come in giugno «il presunto reato su cui la polizia stava indagando era la sepoltura di un bambino nato morto». Lo scambio delle chat private tra Celeste e la madre è agghiacciante: «cominciamo oggi?», chiede la ragazza, a cui replica la madre «Possiamo se vuoi quello che ferma gli ormoni». A quel punto Jessica scrive alla figlia, «La prima pillola ferma gli ormoni e poi devi aspettare 24 ore per la seconda»; da ultimo, Celeste indica alla madre il suo compito, «Ricorda di bruciare le prove». Se ne parlerà a lungo del “caso del Nebraska” ma nessuno, ci dispiace, ci toglierà dalla testa il fatto che prima di tutto una vita umana è stata interrotta fuori legge e nella più totale clandestinità. Quale dolore, quale vissuto può portare ad un fatto del genere?