Sono 400mila i nati in Italia da madre segreta: la loro richiesta è che venga riconosciuto il loro “diritto alle origini”. I loro appelli, però, restano nei cassetti delle commissioni parlamentari. I figli, che hanno da vent’anni agli ottanta, sono nati da parti anonimi avvenuti in ospedale da donne che chiedono di non essere nominate e ne hanno il diritto per Legge. La legge sulle adozioni prevede che soltanto al compimento dei cento anni questi figli – non riconosciuti alla nascita e poi adottati – possano conoscere il nome delle loro madri accedendo in tribunale ai fascicoli. Si tratta di una tutela nei confronti delle donne che per varie ragioni, scelgono di non tenere quei bambini partoriti in ospedale.
Attualmente né i medici né il tribunale hanno il potere di rivelare ai figli il nome delle madri segrete. La norma, però, risulta arcaica: oggi basta inserire il proprio Dna nelle banche online per ritrovare genealogie e parentele. Dopo una sentenza della Consulta del 2013 e una legge targata Pd approvata alla Camera nel 2015, è arrivato un altro disegno di legge firmato Lega, ora fermo a Montecitorio, con una mozione presentata dalla senatrice Cinquestelle, Elisa Pirro. Nel frattempo, grazie anche al “Comitato nazionale per il diritto alle origini biologiche”, si è tornati ad affrontare il tema.
Madre segreta, la richiesta: “Colmare il vuoto legislativo”
Sulle pagine de La Repubblica, Luisa Di Fiore, anche lei non riconosciuta e adottata, racconta: “Nel 2013 la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge sulle adozioni nella parte in cui vieta l’accesso alle origini a chi nasce da parto anonimo. Da allora molti tribunali accettano di fare il cosiddetto “interpello”. Rintracciano le madri se ancora vive e chiedono loro se vogliono incontrare quei figli perduti. Nella maggioranza dei casi la risposta è stata affermativa, si tratta di bambini abbandonati per disperazione, mai però dimenticati. In mancanza di una legge però ogni tribunale sceglie se applicare la sentenza della Consulta o meno”.
La senatrice Cinquestelle Elisa Pirro aggiunge: “La ricerca delle proprie origini è un passaggio chiave nella definizione della propria identità, per questo ho presentato una mozione volta a bilanciare i diritti dei figli di conoscerle con quelli delle madri che partoriscono in anonimato”. Anche la magistratura sembra pronta a fare passi in avanti. Alfonso Sabella, magistrato, chiede di colmare “il vuoto legislativo determinato dalla sentenza della Consulta per assicurare ai cittadini l’eguaglianza vanificata dalle diverse prassi dei tribunali“.