Una mamma è riuscita ad incastrare una maestra violenta cucendo un registratore nel vestitino del suo figlio, un bimbo di soli tre anni. Come si legge su Open, il piccolo raccontava alla madre di come l’insegnante lo picchiasse, di conseguenza la mamma, una donna di Parete, in provincia di Caserta, ha deciso di vederci più chiaro e di indagare per cercare di capire se vi fosse qualcosa di vero. La madre ha chiesto prima ai genitori dei compagni di classe se i loro figli si lamentassero di eventuali violenze e una volta che ha raccolto varie testimonianze, tutte contro la stessa maestra, ha deciso di “sbugiardare” la docente con un metodo quasi da spy story: ha cucito un piccolo microfono nei vestiti del figlio tramite il quale ha registrato quanto accadeva a scuola.



A quel punto non vi erano più dubbi circa le responsabilità dell’insegnante. Come si legge su Open, infatti, gli audio sono stati consegnati ai carabinieri e negli stessi si sente una voce femminile che pronuncia varie volte la parola “scemo” con il rumore a breve distanza di uno schiaffo. Si tratta di indizi che hanno convinto in maniera inequivocabile i militari coordinati dalla procura di Napoli Nord a visionare i video registrati dalle telecamere di sorveglianza dell’istituto. Era chiaro che la maestra non avesse problemi a picchiare i bambini con schiaffi e calci, ma anche spinte e prese per i capelli.



MAESTRA PICCHIA BIMBO: MAMMA LA INCASTRA CON REGISTRATORE. IL LAVORO CERTOSINO DEI PM

Le indagini sono proseguite con la raccolta delle testimonianze dei genitori di altri bimbi nelle varie classe, alcuni dei quali hanno spiegato di essere stati definiti dei cretini. Dopo di che, una volta avuto a disposizione materiale a sufficienza, il pubblico ministro ha deciso di sospendere la maestra dall’istituto paritario, e la stessa non potrà più lavorare per un anno.

Il gip ha sottolineato come i pm abbiano svolto un lavoro certosino che ha permesso «di evidenziare in maniera inconfutabile la condotta della maestra nei confronti dei minori, tale da porli in una condizione di perdurante sofferenza morale e psichica».