Insieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino fu uno dei volti chiave del pool antimafia di Palermo a ridosso delle stragi di Capaci e via D’Amelio, oggi il suo nome finisce sulle cronache con una infamante accusa: favoreggiamento a Cosa nostra e calunnia. Sarebbero queste le ipotesi di reato contestate all’ex pm Gioacchino Natoli, indagato, ricostruisce Adnkronos, nell’ambito di una inchiesta coordinata dalla Procura di Caltanissetta che gli avrebbe notificato un invito a comparire per essere interrogato.
Le contestazioni a carico dell’ex magistrato Natoli sarebbero legate all’indagine “Mafia e appalti” scattata nei primi anni ’90 nel capoluogo siciliano e che vide in prima linea l’impegno del giudice Borsellino. L’interrogatorio sarebbe previsto per la mattinata di domani e la replica dell’ex pm Natoli, riportata dall’Ansa, sarebbe arrivata a stretto giro in attesa di poter chiarire la sua posizione davanti ai colleghi: “Sono stato e sono un uomo delle istituzioni e ho piena fiducia nella giustizia. Darò senz’altro il mio contributo nell’accertamento della verità“.
L’ex pm del pool antimafia Natoli indagato per favoreggiamento e calunnia, l’inchiesta della Procura di Caltanissetta
Secondo la Procura nissena, ricostruisce l’agenzia di stampa, a Natoli si contesterebbero condotte risalenti a oltre 30 anni fa e la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati per le ipotesi di favoreggiamento a Cosa nostra e calunnia, emersa poche ore fa, è esplosa come una bomba tra le cronache specialmente alla luce della sua lunga attivita nell’antimafia.
Nello specifico, secondo i colleghi che dovranno interrogarlo, l’ex magistrato avrebbe tentato di insabbiare una parte dell’inchiesta “Mafia e appalti” – filone che, secondo una teoria, sarebbe stato il vero movente della strage di via d’Amelio in cui il 19 luglio 1992, 57 giorni dopo la morte di Falcone, il giudice Borsellino fu ucciso con cinque agenti della sua scorta – per aiutare imprenditori palermitani legati alla mafia come Francesco Bonura e Antonio Buscemi. Secondo i pm di Caltanissetta, riporta Ansa, Natoli avrebbe finto di indagare per affossare l’indagine avviata in prima battuta dai colleghi di Massa Carrara e poi confluita nel procedimento palermitano, istigato dall’ex procuratore Giammanco, oggi deceduto, e con un capitano della Guardia di Finanza. Per questo, è l’ipotesi a fascicolo, avrebbe disposto intercettazioni lampo “solo per una parte delle utenze“ con lo scopo, questa la tesi sostenuta a Caltanissetta, di non far emergere conversazioni “particolarmente rilevanti” ai fini investigativi dell’epoca. Natoli, inoltre, secondo quanto avanzato dalla Procura nissena avrebbe omesso di approfondire il profilo di due imprenditori vicini a Bonura per poi chiedere l’archiviazione del fascicolo “senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla Procura della Repubblica di Massa“. Gioacchino Natoli sarebbe inoltre sospettato di aver disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci relativi alle attività di captazione “per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche“. In realtà, però, quelle bobine sarebbero state trovate in archivio presso la Procura di Palermo e quindi non sarebbero state distrutte come invece ipotizzato. In merito all’ipotesi di insabbiamento dell’inchiesta, tra gli accusatori di Natoli c’è l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino. Da queste accuse, l’ex pm del pool antimafia si era difeso già davanti alla Commissione Antimafia – dopo aver chiesto di essere sentito -, spiegando che le intercettazioni scattate dal fascicolo toscano sarebbero state ritenute assolutamente irrilevanti: “Non è emerso null’altro che rapporti ufficiali, commerciali e societari, e altri rapporti di tipo familiare che non hanno nulla a che vedere con l’ipotesi di riciclaggio che era alla base della richiesta della Procura di Massa Carrara“.