Qualche anno fa, il Maggio Musicale Fiorentino, uno dei più antichi e più prestigiosi festival italiani, sembrava quasi morente. Già l’anno scorso era in piena ripresa. Ora sembra tornato agli antichi fulgori. Grazie a una nuova gestione e ad un aumento del sostegno finanziario, specialmente da soci e sponsor privati, ha un cartellone di grande livello.



 Il programma si estende dal 2 maggio al 20 giugno e comprende opere, concerti, conferenze ed eventi nelle città vicine: una vera festa per gli amanti della musica. Inoltre, il festival, giunto alla sua ottantatreesima edizione, ha un tema Potere e Virtù – e si riallaccia alle proprie radici originali: la riscoperta di capolavori dimenticati e proposte di nuovi lavori. Lo si vede in particolare nella sezione di opera lirica. Per l’inaugurazione si è scelta la prima italiana di Lear di Aribert Reinman. Ci sono, poi, la riscoperta di La Straniera di Vincenzo Bellini, il debutto mondiale di Le Leggi Fondamentali della Stupidità Umana di Vittorio Montalti, la prima produzione in tempi moderni di Intermedi della Pellegrina – una selezione di sei intermezzi  rinascimentali e  – per compiacere la parte  meno innovativa del pubblico – una nuova produzione di Le Nozze di Figaro di Mozart . Il programma dei concerti segue linee analoghe. Potrò andare a solo alcune rappresentazioni di questo festival ricco e gratificante.



 Il 19 maggio 2019, ho assistito ad una rappresentazione de La Straniera di Vincenzo Bellini.  Bellini aveva ventisei anni quando la compose su commissione del Teatro alla Scala di Milano, dove la sua precedente opera, Il Pirata, era stata un grande successo. Anche La Straniera è stata un successo immediato, pur se alcuni detrattori hanno criticato il suo stile innovativo. In Italia, ha avuto produzioni in oltre cinquanta città nell’Ottocento. All’estero, è stata allestita a Vienna nel 1831, a Parigi nel 1832, a Londra nel 1832, a New York nel 1834, a Lisbona nel 1835 e a Madrid nel 1850. Nel diciannovesimo secolo, la sua ultima rappresentazione è stata nel 1875. Nel ventesimo secolo è stata ripresa per la prima volta nel 1953 alla Scala e poi a Catania e Palermo. È stata presentata in forma di concerto alla Carnegie Hall. Sebbene abbia attratto cantanti importanti come Renata Scotto, Montserrat Caballé, Carol Neblett e Renée Fleming, le messe in scena sono state poche e lontane tra loro. Recentemente è stata riproposta al Festival di Baden Baden e a Catania, Zurigo, e Vienna. La Straniera  è ancora un’opera poco conosciuta. Ci sono relativamente pochi CD, per lo più registrati e distribuiti da aziende con piccole reti di marketing.



 Ci sono due ragioni per la relativamente modesta conoscenza de La Staniera: la trama piuttosto confusa, e la partitura orchestrale e vocale innovativa. Al centro del libretto c’è una complicata serie di eventi storici che iniziano alla fine del dodicesimo secolo, come raccontati nel romanzo del 1825 di Charles-Victor Prévot d’Arlincourt L’Étrangère, così come nei drammi tratti da questo testo piuttosto gotico. Riguarda Agnes, la regina di Francia, esiliata dal marito in Bretagna, nota anche come Alaide, il nome che ha preso nel suo esilio, e “la straniera”, come viene chiamata dagli abitanti del villaggio ed anche da nobili nel distretto dei laghi in cui vive. Suo fratello Barone Valdeburgo si prende cura di lei. Si innamora di Arturo, un giovane fidanzato con Isoletta, figlia del feudatario locale. Nella nebbiosa Bretagna, avviene un po’ di tutto: celebrazioni di fidanzamenti, partite di caccia al cervo, tempeste sul lago, processi penali, duelli, nozze, fino al finale tragico con la morte di Arturo e Agnes / Alaide / La Staniera. Inoltre, Arturo, il tenore non è il romantico giovane eroe ribelle e ha un comportamento piuttosto paranoico. Il personaggio maschile solido è il baritono, il Barone Valdeburgo. Ciò confondeva la sintassi e, forse, anche la grammatica, del melodramma romantico nascente. In realtà, questo non è avvenuto per disegno ma perché Bellini non poteva avere, come cantante principale maschile, Giovanni Battista Rubini, che aveva trionfato in Il Pirata , perché il tenore era impegnato altrove: così, ha dovuto accontentarsi di un giovane agli inizi della carriera. Nell’opera, il tenore non ha neanche un’aria di livello.

Per quanto riguarda la musica, La Straniera è un lavoro piuttosto insolito, a metà strada tra il neoclassicismo e il romanticismo. Non è “belcanto”. C’è una sola grande aria da belcanto del mezzosoprano, Isoletta, nel secondo atto. I numeri sono per lo più duetti, terzetti, quartetti e concertati in cui nascono ariosi. Ci sono germi dell’opera futura di Bellini, come un duetto tenore-baritono che anticipa la famosa “Squilla la Trompa” in  I Puritani. La parte vocale della protagonista è impervia: è in scena per quasi tutta l’opera e deve passare dalla declamazione cantata al recitativo e dall’arioso alle arie. Infine, l’orchestrazione è più elaborata che nelle altre opere di Bellini a causa del ruolo del paesaggio – lago, foreste, castelli, chiese – e della nebbia.

Fabio Luisi era in buca e l’orchestra del Maggio Musicale è di prima classe. Hanno reso un’atmosfera gotica piena di tinte e, cosa più importante, di sfumature. Luisi ha guidato molto bene i cantanti. Diretto da Lorenzo Fratini, il coro è stato uno dei protagonisti della rappresentazione.

Come accennato, La Straniera viene messa in scena di rado a causa delle difficoltà nel trovare un soprano che possa sostenere la parte della protagonista. A Firenze, Salome Jicia era nel ruolo del protagonista. È una giovane cantante georgiana ma già affermata, che mi ha colpito al Rossini Opera Festival del 2016 in  La Donna del Lago – “. Sono rimasto ancora più colpito in questa parte molto difficile in cui deve coniugare una partitura vocale complessa con grande abilità drammatica per rendere credibile il disordinato libretto. Dario Schmunck ha già cantato La Straniera recentemente a Zurigo e Vienna e l’ha registrato con “Opera Rara” nel 2007; conosce la parte a mena dito. Due giovani cantanti sono stati molto bravi: Laura Verrecchia nei panni di Isoletta e Shuxin Li nei panni del feudatario. Serban Vasile è stato un solido Barone Valdeburgo.

La regia (Mateo Zoni) è efficace. Le scene (Tonino Zera, Renzo Bellanca) sono semplici e fanno un grande uso di proiezioni. I costumi (Daniele Ciprì) sono buoni.

Dopo applausi a scena aperta, al calar del sipario ci sono stati applausi per tutti e ovazioni per Salome Jicia.