Parlare di sostenibilità in un mondo che si trova a fare i conti quotidianamente con la guerra non è semplice, ma Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, ci prova. Sulle pagine del Sole 24 Ore, ribadisce la sua idea: “È proprio nei momenti di crisi che rischiamo di dimenticare quanto sia importante, soprattutto nel lungo termine, il nostro impegno in favore della sostenibilità”. Secondo l’esperto, “se analizziamo la conseguenze prima della lunga guerra in Ucraina e ora dei drammatici eventi in Medio Oriente, vediamo come entrambe queste crisi abbiano provocato la crescita dei combustibili fossili e dei prezzi dell’energia in generale”. Se dunque non avessimo avuto un tal livello di dipendenza, avremmo gestito meglio queste crisi.
Un mondo più sostenibile, dunque, permetterebbe di gestire meglio momenti del genere? Secondo Stiglitz, sì. “Sono proprio crisi come quelle che stiamo vivendo che ci dovrebbero ricordare quanto sia importante impegnarsi sul fronte della sostenibilità. L’urgenza di fare ciò che va fatto che è peraltro indicato da indagini e ricerche, è suggerito dai fatti”. Se fossimo capaci di muoverci verso un sistema di maggiore sostenibilità, avremmo un contesto anche più affidabile e saremmo in grado di fare i conti “meglio con alcune delle grandi crisi geopolitiche che stiamo vivendo in questi anni”.
Sostenibilità, Stiglitz: “Non sia solo di facciata”
La sostenibilità deve essere realmente trasformativa. Per il premio Nobel Joseph Stiglitz, sempre più spesso nelle aziende assistiamo a una sostenibilità di facciata, il cosiddetto “Green-washing”. Negli ultimi settant’anni la popolazione è triplicata e abbiamo moltiplicato per 15 i beni prodotti, spingendo dunque all’estremo i confini sul fronte delle risorse. Come uscire da tutto questo? Per l’esperto “non abbiamo bisogno di aumentare il nostro benessere delle cose, semmai dobbiamo ampliare la nostra conoscenza, la nostra consapevolezza. (…). Dobbiamo essere in grado di dare a tanti altri la qualità della nostra vita. I nostri beni, il nostro benessere. E dobbiamo farlo in modo che per farli possano ridurre l’impatto della loro crescita sul nostro pianeta”, spiega al Sole 24 Ore.
L’innovazione deve riguardare certamente la tecnologia ma allo stesso tempo anche i comportamenti. “Abbiamo tutti un peso sull’economia globale e anche il modo in cui consumiamo è una forma di innovazione. Ecco, dunque, perché io ho un approccio molto ampio al significato di questa trasformazione, di questa transizione ecologica. Perché penso che un approccio ampio sia l’unico modo per portare alla sostenibilità ma anche ad una maggiore eguaglianza”.