I magistrati condannati con pena detentiva non sospesa per un reato penale non possono essere automaticamente rimossi dal loro incarico: a disporlo è la sentenza 51 della Corte costituzionale che si è riunita in merito ad una questione di costituzionalità sollevata dalla Corte di cassazione. Con la sentenza si dispone che in casi analoghi, piuttosto che rimuovere in automatico il magistrato per effetto della norma in analisi, ci si deve sempre rimettere al giudizio del Consiglio superiore della magistratura.



Nel caso in analisi, il magistrato in questione era stato condannato in giudicato a due anni e quattro mesi di reclusione, con pena non sospesa, per aver apposto alcune firme al posto della presidente di collegio, con il suo consenso, su alcuni dei provvedimenti giurisdizionali. Il giudice ha, dunque, fatto ricorso, sentendosi dare ora ragione dalla Corte costituzionale, che ritiene, in linea di massima, le “sanzioni disciplinari fisse, come la rimozione, indiziate di illegittimità costituzionale“. Per i magistrati condannati, così come per tutti gli altri professionisti, è infatti sempre importante “salvaguardare la centralità della valutazione dell’organo disciplinare nell’irrogazione della sanzione“, compito incluso tra quelli di sua competenza.



Illegittimo rimuovere automaticamente i magistrati condannati: l’opinione della Corte costituzionale

Secondo la Corte costituzionale, insomma, per i magistrati condannati, ma anche per “funzionari pubblici o professionisti”, la condanna in quanto tale “non può, da sola, determinare la sua automatica espulsione dal servizio o dall’albo professionale”. Nel caso in analisi, riferito al magistrato che ha falsificato le firme, la norma “dichiarata incostituzionale”, legava la rimozione a qualsiasi reato, con la sola discrezionale della durata della pena.



Una norma, quella sui magistrati condannati rimossi automaticamente, che non ha permesso il vaglio della “proporzionalità di una tale sanzione rispetto al reato da questi commesso”, soprattutto dal punto di vista dell’eventuale “inidoneità del magistrato a continuare a svolgere le proprie funzioni”, tenendo anche in considerazione gli effetti che la rimozione avrebbero creato al magistrato in questione. In senso alla sentenza, dunque, per i magistrati condannati non scatterà più la rimozione, ma spetterà al “CSM determinare discrezionalmente la sanzione da applicare”, determinando anche la rimozione qualora ritenga che la condanna sia indicativa della “inidoneità del magistrato incolpato”.