MIGRANTI, L’ANALISI DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA SUL DDL SICUREZZA
Il nuovo emendamento del ddl sicurezza che punta a rafforzare a sicurezza dei centri di accoglienza e trattenimento dei migranti è al centro di un nuovo scontro tra la magistratura e il governo, perché su una rivista giuridica è stata pubblicata un’analisi in cui lo si contesta perché si ritiene che punisca il dissenso e mortifichi la dignità dei migranti, ma soprattutto sembra arrivare ad attribuire il diritto alla rivolta. Si tratta di un’analisi approfondita pubblicata su Questione Giustizia, rivista di Magistratura democratica, considerata l’ala moderata delle toghe, e realizzata da Marilù Porchia, dottoranda di ricerca in diritto dell’Ue e ordinamenti nazionali all’università di Ferrara, nonché assegnata di ricerca a quella della Tuscia.
Questa analisi riguarda l’articolo 27 del disegno di legge 1236 sulla regolamentazione delle rivolte dei migranti nei Centri di permanenza per i rimpatri. All’inizio delle conclusioni di tale trattato si indica che la fattispecie di reato che si vuole introdurre sembra avere come obiettivo quello di raccogliere ulteriore consenso a livello politico criminalizzando la marginalità, anziché garantire sicurezza nei Cpr.
A destare perplessità, secondo Md, anche il fatto che le disposizioni siano equiparabili a quelle che si applicano in carcere, ma i migranti nei Cpr non sono oggetto di misura cautelare né stanno scontando una pena.
“MIGRANTI SILENZIATI E DIRITTI NEGATI”
Per Marilù Porchia questa norme apre la strada alla punizione del dissenso dei migranti, che invece avrebbero diritto a ribellarsi, soprattutto in caso di respingimento. Per quanto riguarda l’uso della forza da parte delle forze dell’ordine nei Cpr, il disegno di legge sembra quasi autorizzarle, così come sembra che si voglia auspicare “un coinvolgimento del migrante che non delinque in una rivolta per farlo entrare nel circuito penale“. Ma per Md la resistenza dei migranti “è fisiologica all’esecuzione del rimpatrio“.
Secondo le toghe rosse si nega “il diritto alla resistenza passiva” e lo si trasforma in un reato. La rivista di Magistratura democratica segnala che si rischia di produrre il risultato opposto a quello che si stabilisce di voler ottenere con la norma, cioè innalzare la tensione nei Cpr, a danno dei migranti e di chi deve occuparsi della loro incolumità.
Il governo, per Porchia, conferisce più poteri e prerogative ai gestori dei centri e rende un crimine il tentativo dei migranti di rivendicare i loro diritti, negati da quei stessi gestori. Ciò vuol dire arrivare a mettere a tacere i migranti.
La norma viene bocciata perché anziché focalizzarsi su una condotta, punta dritto al reo, inoltre viene giudicata poco attenta ai principi costituzionali, in base ai quali il dissenso pacifico è possibile. Infine, si ritiene che trasforma una disobbedienza non violenta un crimine.