I due indagati per l’omicidio del 19enne Mahmoud Abdalla a Chiavari, nel Genovese, rischierebbero l’accusa di omicidio premeditato dopo le recenti evoluzioni dell’inchiesta. Le indagini avrebbero portato a galla alcuni movimenti che aprirerebbero allo scenario di un piano di morte pensato nei dettagli da parte dei due egiziani arrestati pochi giorni fa, di cui uno datore della vittima, Abdelwahab Kamel detto “Tito” e Abdelghani Aly detto “Bob”. Gli inquirenti, riporta Ansa, avrebbero scoperto l’acquisto di due armi, un coltello e una mannaia, avvenuto a ridosso del delitto presso un negozio di cinesi e riconducibile ai due sospettati, entrambi rimasti in silenzio durante l’interrogatorio di convalida del fermo.



Davanti al gip si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere, ma diversi elementi robusti insisterebbero a loro carico nell’ambito dell’indagine sulla morte del ragazzo ucciso, fatto a pezzi e mutilato il 23 luglio scorso. Secondo l’accusa, i due avrebbero gettato il cadavere in mare a Santa Margherita Ligure dopo averlo decapitato e privato delle mani per impedirne il riconoscimento. La corrente avrebbero però fatto riemergere alcuni resti poi identificati, dando così impulso all’attività investigativa culminata nei due arresti.



Omicidio Mahmoud Abdalla: perché i due indagati rischiano la premeditazione

I due egiziani indagati per la morte di Mahmoud Abdalla a Genova rischierebbero la contestazione della premeditazione perché, come emerso in sede di indagine, avrebbero comprato un coltello e una mannaia a ridosso dell’omicidio. Queste potrebbero essere le stesse armi usate per compiere il delitto e tentare di disfarsi del corpo, ritrovato mutilato – senza testa e mani – a Chiavari. Abdelwahab “Tito” Kamel e Abdelghani “Bob” Aly sono stati arrestati e non avrebbero risposto alle domande degli inquirenti, avvalendosi della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip.



A compromettere la loro posizione ci sarebbe anche una intercettazione in cui il fratello di uno di loro, dall’Egitto, si rivolgerebbe all’altro indagato accusandolo di aver commesso l’omicidio: “Sei stato tu ad ammazzarlo e farlo a pezzi“. L’ipotesi concreta ora è che i due arrestati potrebbero essere accusati di omicidio premeditato alla luce delle attuali emergente investigative. In mano alla Procura ci sarebbero, secondo Ansa, anche i filmati di alcune telecamere di videosorveglianza che, a Sestri Ponente, avrebbero ripreso gli indagati nei pressi di un negozio cinese in due distinti momenti, il secondo dei quali mostrerebbe la presenza di un sacchetto contenente un oggetto contundente assente nelle precedenti sequenze. Le verifiche degli investigatori avrebbero evidenziato che nello stesso esercizio commerciale, in orario ritenuto di interesse, risulterebbe emesso uno scontrino per l’acquisto di coltello e mannaia. I due egiziani avrebbero dichiarato di aver agito per paura che Mahmoud Abdalla, barbiere in uno dei loro saloni, potesse “portar via i clienti” con la sua scelta di lavorare altrove. Un movente che non avrebbe convinto del tutto chi indaga, a caccia di ulteriori elementi e della testa della vittima, non ancora ritrovata.