Maigret e i gangsters del 1963 è il terzo e ultimo film con Jean Gabin nei panni del commissario di Simenon. Rispetto agli altri due, direi che l’attore ha un’interpretazione molto vicina al temperamento del Maigret dei libri, lo ha probabilmente assimilato. Il film è in bianco e nero, e rispetto agli altri ha una realizzazione più dinamica, ha un montaggio più serrato. Risulta lunga ma efficace la sequenza della lotta psicologica che avviene nell’interrogatorio tra Maigret e il padrone del bar che serve da copertura ai delinquenti. E qui si capisce come il commissario si pone: l’attenzione al realismo, i dettagli, la capacità di scavare nel profilo degli indagati senza cadere nel moralismo, ma scandagliando nel loro animo.



La pellicola è tratta dal romanzo omonimo scritto nel 1951 durante il soggiorno americano di Simenon e non a caso la trama s’intreccia con i servizi segreti Usa. Il personaggio iniziale è l’ispettore Lognon, che si trova in molti nei romanzi del commissario. La sua figura è particolare, sempre con il fazzoletto in mano, malaticcio, piagnucoloso, personalità da riassumere con il termine sfighè. Assiste a una sparatoria con un morto che viene raccattato da un’auto misteriosa. Ha sentito vociare in lingua americana. Indaga ma viene picchiato.



Maigret segue la pista di un locale il cui proprietario, americano, ha sempre avuto rapporti con delinquenti. Incontra nell’ambasciata americana a Parigi uno strano personaggio che gli consiglia di lasciar perdere. Il caso si fa spesso e complicato, sembra che non si approdi a nulla e Maigret sottolinea al magistrato che lo incalza sull’esito delle indagini: Aspettare è una parte del mestiere.

Butta un’esca facendo finta di aver arrestato un finto colpevole, i giornali risuonano da amplificatore e i banditi si scoprono lasciando poche tracce, ma importanti per l’occhio attento e la mente di Maigret. Scoprirà infine che c’è di mezzo un collaboratore di giustizia che deve essere trasferito negli States, un infiltrato dell’FBI e …



In questo film Gabin non si toglie mai il cappello se non nel consolato americano e la moglie è completamente assente. Il regista (Gilles Grangier) non ha avuto guizzi alla Jean Dellanoy che ha diretto i due film precedenti. Tutto sommato l’interpretazione di Gabin è buona, ma mancano i silenzi e gli sguardi che nelle pellicole precedenti erano più eloquenti e significativi.

Notizia di questi giorni è che tra novembre e dicembre inizieranno le riprese di Maigret e la giovane con la regia di Patrice Leconte (Ridicule, L’uomo del treno, Confessioni troppo intime) con interprete Gerard Depardieu che considera il commissario l’amico di una vita. Se spegnerà i suoi eccessi, e ne è capace, sicuramente è l’attore giusto. Il fatto di conoscere la letteratura di Simenon lo aiuta notevolmente e afferma: Mi piace il suo istinto, la sua capacità di ascolto. Maigret è anche il suo silenzio. E in questa sua dimensione ritrovo molto di me oggi e del mio desiderio di quiete, di solitudine… Simenon fa parlare Maigret anche con i suoi silenzi.