Il mercato internazionale dei prodotti alimentari è pesantemente compromesso in questi giorni dalla guerra in Ucraina. Di fatto si è bloccato l’export di grano tenero, mais e concime, e ciò sta avendo delle grosse ripercussioni anche sull’Italia, come spiega Milena Gabanelli attraverso le pagine del Corriere della Sera. L’Ucraina è considerata il granaio d’Europa e la Russia quello del mondo, e l’Italia è una grande importatrice di prodotti legati al mondo agroalimentare provenienti da quelle zone del mondo. La conseguenza, è che il grano tenero sta scarseggiando e ciò ha fatto salire i prezzi. Basti pensare che lo scorso 18 marzo, alla quotazione della Borsa Merci di Bologna, il prezzo del grano tenero era salito del 33 per cento nel giro di un solo mese, sfondando per la prima volta nella storia la quota di 40 euro per quintale. «Abbiamo rimpiazzato quel carico – racconta Divella, ad dell’omonimo gruppo alimentare, riferendosi ad una nave bloccate in Ucraina – acquistando lo stesso quantitativo a Napoli e Manfredonia: si tratta di grano arrivato da Canada, Russia e Kazakistan prima della crisi. Ma comunque lo abbiamo pagato il 35% in più di quello che aspettavamo dal Mar d’Azov, e di conseguenza abbiamo dovuto aumentare il prezzo della farina per pasticceria di circa il 15%, ma fra 20 giorni dovremo aumentare ancora. Noi abbiamo sempre preferito rifornirci da Russia e Ucraina per via delle annose questioni sul glifosate canadese».



Altro prodotto che sta subendo pesanti ripercussioni è il mais, che potrebbe non essere seminato ad aprile avendo quindi conseguenze anche sul 2023. Per l’Italia l’Ucraina è il secondo fornitore di mais dopo l’Ungheria, e si tratta di un prodotto basilare per dare da mangiare agli animali, di conseguenza è cresciuto il costo della carne, dai 12 euro per un chilo di marzo agli attuali 15. In tilt anche il mercato dei fertilizzanti: la Russia produce il 15 per cento dell’intera produzione mondiale e le vendite all’estero di nitrato di ammonio sono già state bloccate almeno fino ad aprile, nella fase cruciale delle coltivazioni.



MAIS, GRANO TENERO E CONCIME SCARSEGGIANO: LE POSSIBILE VIE PER RISOLVERE IL PROBLEMA

Per provare a risolvere una situazione decisamente complicata, il premier Draghi ha spiegato che bisognerà rivolgersi a nuovi mercati, ma non mancano le problematiche, a cominciare dai costi maggiori nell’acquistare merce proveniente dall’America, nonché da alcuni elementi chimici che si trovano nei prodotti e che in Italia non sono consentiti per legge. Secondo la Coldiretti si potrebbero utilizzare gli scarti della produzione di biometano, il “digestato”, ma la direttiva sui nitrati ne prevede un uso limitato per il rischio di atrofizzare le acque.



Si è poi chiesto di eliminare i limiti alla coltivazione dei terreni italiani, ma l’ultima parola spetterà all’Ue: “Il rischio – spiega Milena Gabanelli, in queste settimane cruciali per la programmazione della coltura del pomodoro da industria, è che molti produttori decidano di puntare su mais, girasole o soia. Visti i prezzi, saranno più convenienti dei pomodori”, e chi ne trae vantaggio la Cina, che è diventata il primo fornitore italiano di concentrato di pomodoro. Sembrerebbe invece essere per ora al sicuro la pasta, che si fa con il grano duro, prodotto per il 60% in Italia. Costerà un po’ di più per via dei rincari ma in ogni caso non ne rimarremo senza.