È conosciuto come “Faccia da angelo” ma Felice Maniero è l’indiscusso ex boss della Mala del Brenta, una delle organizzazioni più note a livello criminale nel Veneto: dopo una prima latitanza e il conseguente carcere, un anno fa lo stesso ex boss è tornato in galera con l’accusa di aver maltrattato la compagna e oggi scrive una lunghissima lettera all’Adnkronos dal carcere di Pescara dove si trova detenuto. «Quarant’anni fa vigeva un ordine imperativo: ‘mai creare allarme sociale’. Non perché fossimo virtuosi, ma perché lo ritenevamo sconveniente: sarebbero arrivate più forze dell’ordine, più magistrati e la lotta contro di noi sarebbe stata molto più intensa», scrive Maniero riferendosi al paragone con il crimine organizzato presente oggi in Italia. Martedì prossimo sarà davanti alla I sezione penale della Corte di Appello di Brescia per il processo d’Appello ma con questa lettera anticipa parte dei messaggi che vorrà ribadire anche in aula: «nel crimine organizzato oggi non esistono onore, lealtà, altruismo, verità o amicizie sincere», mentre nella “sua” Mala mai avrebbe permesso «estorsioni, pizzi o reati simili in tutto il Veneto. Ma soprattutto mai abbiamo ucciso appartenenti alle forze dell’ordine. Un esempio su tutti: quando siamo fuggiti dal carcere di Padova avevamo una trentina di agenti penitenziari legati mani e piedi. Essendo tutti ex carcerati, qualche sassolino dalle scarpe se lo sarebbero tolto volentieri. Io non l’ho permesso e premetto che abbiamo commesso 7 omicidi tra bande rivali venete e moltissimi reati gravi nell’arco di trent’anni».
LA LETTERA DAL CARCERE DI “FACCIA D’ANGELO”
Oggi 66enne, l’ex boss della Mala se potesse tornare indietro racconta avrebbe voluto ricominciare come imprenditore nel settore ambientale: «messaggio ai nuove possibili facce d’angelo? Non cedere al facile guadagno, ti assicuro che è una stupida menzogna, il guadagno facile non esiste nemmeno in una società onesta, di certo non nel marciume della mafia, ‘ndrangheta o camorra. Se cadi nelle grinfie di appartenenti a una qualsiasi organizzazione criminale diventerai uno schiavo per la vita. Malvagi e imbecilli giuramenti, santini bruciati. Addirittura verrai ribattezzato. Un’infame e ridicola farsa per intrappolare giovani inesperti, attratti da falsi miti per poi rubargli la vita». Ai giovani “affascinati” dal mondo del crimine, specie cresciuti nelle periferie delle città del Sud ma non solo, Felice Maniero conclude la sua lettera con appello: «Non avrai denaro e o tuoi cari dovranno sostenerti economicamente con un dolore infinito sapendoti in un luogo colmo di sofferenze. Il guadagno facile lo fa solo il boss di turno ma anche loro, prima o poi, finiscono quasi tutti in carcere per non uscire più dal 41bis». Non solo, oggi il crimine è una «lotta senza quartiere» nella quale «accaparrarsi una zona in cui spacciare droga, effettuare omicidi ed estorsioni. Devi sapere che ti daranno, come primo compito, l’ordine di commettere diversi omicidi per dimostrargli che puoi appartenere al loro clan, invece farai esclusivamente un importante e gratuito favore al tuo boss, uccidendo alcuni suoi nemici pericolosi per lui e inizierai la tua ‘auspicata carriera’ con un malvagio imbroglio, commettendo reati che portano all’ergastolo».