«Io ho parlato di Ius soli sportivo e credo di averne le competenze»: è diretto il presidente del Coni Giovanni Malagò nella sua lunga intervista oggi a “La Stampa”. Come aveva del resto già spiegato dopo l’incredibile doppio oro nell’atletica alle Olimpiadi di inizio agosto, «non riconoscere lo Ius Soli sportivo in Italia ancora oggi è folle». Quelle frasi avevano scatenato un’immediata reazione nel leader della Lega Matteo Salvini e oggi, con l’intervista sui tanti temi dello sport italiano (e non solo), Malagò torna sull’argomento provando a chiudere la polemica.



L’ex Ministro aveva replicato alle parole molto nette di Malagò da Tokyo («A 18 anni e un minuto chi ha determinati requisiti deve avere la cittadinanza italiana senza dover affrontare una via crucis che spesso fa scappare chi si stanca di aspettare»), spiegando come in realtà «Già oggi, a 18 anni, chiunque può chiedere e ottenere la cittadinanza. Squadra che vince non si cambia!». Il presidente Coni al suo ultimo mandato intima invece a chi non capisce di «alzare il telefono» e chiedere alle federazioni «quanto è complicata e lunga e piena di insidie la procedura per diventare cittadino italiano. Una via crucis, per questo bisogna anticipare i tempi. Se un atleta è bravo perché deve aspettare i 18 anni ad avviare la pratica».



MALAGÒ NON SCENDE IN POLITICA (PER ORA)

“La Stampa” prova a ‘inzigare’ Malagò chiedendo un commento sulla reazione non entusiasta di Salvini alla proposta lanciata dal n.1 del Comitato Olimpico Nazionale. Qui però il presidente taglia corto, «Con Salvini ho un rapporto importante, non credo che abbia da ridire sullo Ius soli sportivo. Sul resto ho le mie idee, ma me le tengo. Mi dà fastidio che mi abbiamo messo in mezzo, avrei fatto il politico altrimenti». Dopo il quasi disastro con il Cio per la mancata riforma dello sport olimpico, l’Italia ora dopo un’estate di incredibili successi agli Europei, alle Olimpiadi e ora alle Paralimpiadi, è attesa ad un futuro di cambiamenti: «Evitata una figuraccia clamorosa con il Cio, ora dobbiamo definire un sistema. In tre anni e mezzo, lo sport ha avuto tre referenti in politica. Giorgetti, Spadafora e ora Vezzali. Le sembra normale». Con la sottosegretario allo Sport il rapporto rimane saldo, nonostante qualche punzecchiatura, «Valentina conosce bene le nostre dinamiche, impossibile non averla dalla nostra parte. Forse quando assumi certi incarichi devi metterti una divisa. Ma la pelle di Valentina è la nostra». Dopo la fine del mandato Coni, con l’augurio a Bebe Vio di poter un giorno diventare anche lei presidente («Bebe può fare davvero di tutto nella vita») Malagò non entrerà in politica, almeno per il momento: «incontro con Berlusconi in Sardegna? Ci siamo sentiti prima dei Giochi. Poi mi ha invitato a Porto Rotondo, io ero in barca da quelle parti. Mi ha mostrato e descritto con una passione incredibile il suo meraviglioso giardino». Niente richiesta di candidarsi, insomma, «Affatto. Non abbiamo mai parlato di politica. Scendere in campo? Non credo. Il mio futuro resta nello sport».

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